La civiltà romana ha dimostrato sempre un temperamento bellicoso ed aggressivo con il quale riuscì a farsi largo tra le popolazioni nemiche. Questa sua inclinazione alla violenza non si palesò solamente nelle numerosissime vicende storiche, ma tinse anche il mito che ne racconta la nascita. Tra tutti i miti di fondazione che descrivono la genesi delle città del mondo antico, quello di Roma è sicuramente uno dei più violenti, culminando con un fratricidio tanto cruento da sembrare premonitore della vocazione sanguinaria e prevaricatrice di questa civiltà.
Dopo aver abbandonato Troia e aver affrontato con i propri uomini un viaggio estenuante, Enea sbarcò in Italia dove fondò la città di Lavinium. Dopo tre decadi suo figlio Ascanio fondò la città di Alba Longa, dove, molto tempo dopo, Numitore, primogenito e quindi legittimo erede del re della città Proca, venne spodestato dal proprio fratello minore Amulio. Quest’ultimo costrinse la figlia di Numitore Rea Silvia a divenire vestale e, di conseguenza, a fare voto di castità. La situazione sembrava volgere a favore dell’usurpatore, ma il dio della guerra Marte si innamorò di Rea Silvia e, unendosi a lei, la rese gravida di due gemelli: Romolo e Remo. Saputo ciò, Numitore ordinò che i due gemelli venissero uccisi; il servo incaricato dell’omicidio, non trovando il coraggio, decise di abbandonarli sulla riva del fiume Tevere. I due gemelli vennero quindi trovati e allattati da una lupa e protetti da un picchio; in quei pressi però il pastore Faustolo era solito portare al pascolo il gregge: l’umile uomo trovò quindi i due gemelli e, insieme alla moglie Acca Larenzia, si prese cura di loro. Una volta diventati adulti e dopo essere venuti a conoscenza del proprio passato, Romolo e Remo decisero di ritornare ad Alba Longa e uccidere Amulio, riconsegnando il trono al nonno Numitore. Volendo regnare su una propria città, i due gemelli ottennero dal nonno il permesso di fondare una nuova città e decisero di fondarla nel luogo dove erano cresciuti.
Come riferisce il filologo e antiquario Marco Terenzio Varrone, la contesa tra i due gemelli per la fondazione di Roma si sarebbe svolta durante la notte fra il 20 e il 21 aprile del 753 a.C.: Remo avrebbe designato come luogo per la fondazione della città il colle Aventino e il nome Remonia, mentre Romolo scelse il colle Palatino e il nome Roma. Essendo gemelli e non potendo far valere il principio della primogenitura, i due si affidarono al volere delle divinità per decidere chi tra loro due avrebbe regnato. Il segno divino non tardò ad arrivare, configurandosi nel volo degli uccelli. Remo fu il primo a segnalarne il volo, contandone 6; Romolo, pur non potendo vantare il primato cronologico sull’avvistamento, obiettò usando come tesi quella del primato quantitativo, avendone visti 12, ossia il doppio. Nacque così uno scontro tra i due gruppi capeggiati ciascuno da un gemello: nel tumulto generale Remo morì e Romolo divenne così il primo re di Roma.
Il mito della fondazione, pur presentando diverse varianti trasversali, tende sempre a fondere tra loro la versione greca, la quale ricollega la fondazione della città alla leggenda di Enea, e quella indigena, nella quale Romolo appare come un mitico fondatore autoctono. Altro elemento ricorrente è la morte del fratello Remo, la quale, se non avviene nella confusione dello scontro, avviene per l’attraversamento provocatorio del pomerio, la linea del confine cittadino tracciata dal fratello.
Fonti
A. Fraschetti, Romolo il fondatore, Laterza, Roma-Bari , 2002.
M. Pani – E. Todisco, Storia romana. Dalle origini alla tarda antichità, Carocci, Roma, 2008.
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