L’Elogio della follia è uno dei più interessanti scritti di Erasmo da Rotterdam. La protagonista di questo libro è la follia stessa, dipinta dall’autore come la regina del mondo, perché essa è presente ovunque: nella guerra, nella società umana, nelle scienze, e soprattutto, come approfondiremo qui, nella religione stessa.
Erasmo sosteneva l’ideale di una religione cristiana che doveva tornare alle origini, con il recupero dell’autentico messaggio di Gesù, distaccandosi e apertamente condannando alcune delle pratiche del suo tempo della Chiesa di Roma: rifiutava la violenza e il dogmatismo, in favore della tolleranza.
Ma Erasmo in questo Elogio della follia si spinge ancora più in là, con un’occhiata lucida e estremamente concreta, quasi cinica, della religione: “La religione cristiana sembra aver qualche parentela con la follia, ma non ha nulla a che fare con la sapienza” ci dice. Infatti non sono i saggi gli spiriti più religiosi, ma al contrario sembrano invece essere “i fanciulli, i vecchi, le donne e gli scemi a godere più di tutti gli altri delle funzioni religiose”.
Lo stesso spirito cristiano più autentico sembra far parte della Follia:
“Non c’è pazzo che sembri più pazzo di coloro che si siano lasciati trasportare una sola volta dall’ardore della pietà cristiana: profondono tutti i loro beni, non si curano delle offese, si lasciano ingannare, non fanno alcuna differenza tra amici e nemici, hanno in orrore i piaceri, si nutrono di digiuni, veglie, lacrime, fatiche, ingiurie, disprezzano la vita, non desiderano che la morte, insomma sembra che abbiano perso il senso comune, come se la loro anima vivesse altrove, non nel loro corpo. E questa cos’è, se non follia?”
Emerge un contrasto: fra quello che è l’uomo definito “comune” e l’uomo invece davvero e profondamente religioso. Il primo che dà l’importanza primaria al corpo, all’immanenza, alla vita concreta, e il secondo che invece volge il suo sguardo al di là:
“fra le passioni naturali, ve ne sono alcune che hanno una maggiore attinenza al corpo materiale, come il desiderio amoroso, la gola, il desiderio di sonno, l’ira, l’invidia. A queste le persone religiose muovono una guerra implacabile, mentre la gente comune non concepisce la vita senza di esse”
Tra i due, è l’uomo comune che sembra trionfare, insieme alla follia stessa.
Ma Erasmo poteva parlare così liberamente senza ripercussioni? Proprio in quel periodo di forti tensioni religiose? Il trucco è semplice: la parola è data dall’autore alla follia.
“Ma già da un pezzo, dimentica di me stessa, ho passato i limiti. Che se poi ho detto qualcosa che sembri un po’ troppo petulante o prolisso, ricordatevi che io sono la Follia, e che sono donna”.
È la follia che parla, non Erasmo, e questo concede a Erasmo una grande libertà nelle sue parole, parole che sfociano nel blasfemo.
L’escamotage tuttavia non servì a salvare le sue opere, condannate sia da Lutero che dalla Chiesa Cattolica: esse furono infatti inserite nell’Indice dei libri proibiti.
FONTI:
-Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia.
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