Buddhismo in occidente: è possibile?

Buddhismo. Che sia inteso come religione o come filosofia di vita, chi mai può dire di non essere rimasto affascinato, almeno una volta, dalle sue pratiche così particolari e da una concezione dell’esistenza così raffinata? Ma una domanda che ci riguarda da vicino è: possono, uomo occidentale moderno e buddhismo, avvicinarsi senza che l’uno travisi l’altro e lo spogli della sua essenza? Per Hervé Clerc, giornalista francese, questa è una questione che lo tocca personalmente – da quando, da ragazzo, fu colto da un «presentimento di nirvana»:

“Un appartamento parigino. […] Era notte. Immagino che la droga, come è suo solito, vorticò in me, intorno a me, […] E all’improvviso più nulla. […] Tutto era cessato. Di colpo: grande cessazione, estinzione, abolizione. E tuttavia non era la morte”.

Nel suo Le cose come sono, Una iniziazione al buddhismo comune (2011), Clerc racconta del viaggio spirituale che decise di intraprendere successivamente a quell’episodio: un quadro della saggezza buddhista che attinge da esperienze reali della vita dell’autore, che da un lato si rifà alle parole di studiosi antichi e moderni, e dall’altro si avvale di esempi concreti e immediati in cui chiunque, anche il tipico occidentale figlio del suo tempo, potrebbe rispecchiarsi. Un buddhismo «comune» proprio perché accessibile a tutti – senza che per questo si debba rinunciare alla propria identità personale.

“Quando alla televisione vedo dei buddisti occidentali vestiti con gli abiti gialli e rossi dei monaci tibetani rimango perplesso. […] Deve pur esistere un’altra maniera, meno esotica, meno clericale soprattutto, di presentare il buddhismo. […] Il buddhismo, religione senza dogma – invertebrata direbbe Taine –, si presta a tutto e a tutti. Mongola con i mongoli, cinese con i cinesi, tibetana con i tibetani, dovrà pure poter essere occidentale con gli occidentali”.

Il libro cerca di far luce sugli elementi chiave attorno ai quali ruota tutto il pensiero buddista –  nirvana, karma, samsara, fino a quelle pratiche note come «ottuplice sentiero», volte proprio a raggiungere la buddità –, e lo fa attraverso un linguaggio chiaro e accattivante, non dimenticando mai che, molto probabilmente, il lettore è poco più che un outsider, forse curioso e bendisposto mentalmente, certo, ma pur sempre cresciuto all’interno di una società i cui paradigmi e obiettivi comuni sono lontani anni luce da quelli che un monaco tibetano persegue nelle sue sessioni meditative.

Basti, a titolo di esempio, il modo in cui vengono accomunati il sati buddhista (“designa l’attenzione, la vigilanza, la presenza di spirito, ma anche la capacità di ricordare e riconoscere”) e la gravitas latina: “la gravitas del saggio buddhista non è quella del console romano, o del presidente degli Stati Uniti. Un sorriso interiore la illumina e questo cambia tutto.” Anche nelle digressioni storiche, Clerc presenta l’accortezza di non allontanare mai il lettore occidentale dal suo background di conoscenze – basti pensare che la figura del Buddha viene messa in parallelo a quella di Socrate.

Una lettura fortemente consigliata, dunque. Ma a chi? A chiunque prova il desiderio di avvicinarsi alla cultura orientale, ma desiste per paura della mole di testi e concetti che dovrebbe affrontare. A chi si rende conto che il suo credo non lo soddisfa, e ne ricerca un altro. A chi, semplicemente, prova curiosità per tutto ciò che gli è estraneo. A tutti, insomma. Perché, se è vero che tutti siamo soggetti al dukkha, ovvero al dolore universale che il buddhismo si ripropone di estinguere, è anche vero che tutti abbiamo le carte in regola per estirparlo – o, quantomeno, imparare a conviverci.

Fonti: H. Clerc, Le cose come sono, Una iniziazione al buddhismo comune, 2015 Adelphi Edizioni S.p.a. Milano, trad. di Carlo Laurenti.

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