Tutti noi abbiamo ancora negli occhi le immagini dei recenti attacchi di Barcellona. Ultimi in ordine di tempo, si aggiungono alla lunga lista di attentati che negli ultimi tre anni stanno mietendo vittime in quasi tutta Europa.
La Francia, la Germania, il Regno Unito sono soltanto alcuni dei Paesi colpiti dalla furia omicida dei miliziani dell’Isis, o Daesh che dir si voglia.
Queste stragi, oltre a spegnere le vite di centinaia di uomini, donne e bambini di ogni credo, ceto sociale e Paese, mettono sotto i riflettori una questione che, almeno per l’Unione Europea, sembrava essere fuori luogo da tempo: Viaggiare è pericoloso?
Certo, viaggiare in Paesi in guerra, guidati da governi fragili o autoritari come la Siria, la Libia o l’Egitto, aumenta il coefficiente di rischio, ma fino al 2015 l’idea di viaggiare in Europa, ossia in un certo senso rimanere in un ideale cortile di casa, ci dava sicurezza.
Questa sicurezza si è prima incrinata e poi spezzata nella notte del 13 novembre 2015 a Parigi quando un commando di guerrieri dello stato islamico ha spezzato centinaia di vite .
Queste persone, in molti casi giovani provenienti da varie parti d’Europa e del mondo, stavano compiendo quei gesti che ci definiscono come “occidentali”: stavano cenando in un ristorante, ascoltando un concerto con gli amici oppure bevendo qualcosa al banco del bar.
I terroristi ci hanno colpiti nel profondo, nelle nostre abitudini e nel nostro stile di vita e hanno cambiato le regole del gioco.
Viaggiare è diventato pericoloso, aspettare il proprio volo è diventato pericoloso, prendere i mezzi pubblici è diventato pericoloso.
Qual è la soluzione? Smettere di viaggiare? Fingere che nulla sia mai accaduto? Oppure continuare a viaggiare e sperare che non accada mai più, che non accada a noi?
Una soluzione migliore o definitiva allo stato attuale non esiste. Invece di andare all’estero molti rimangono in Italia, vengono preferite località piccole e poco conosciute, molti viaggiatori si informano in maniera molto specifica prima di partire e si registrano sul sito messo a disposizione dalla Farnesina “www.dovesiamonelmondo.it” per segnalare la propria presenza in un luogo e mantenere un filo diretto con le autorità italiane all’estero.
Non sappiamo per quanto tempo ancora le immagini di questi attacchi riempiranno le pagine dei giornali e le televisioni, alcuni hanno scelto di non viaggiare più; molti altri hanno deciso di continuare, stando sempre un po’ più attenti di prima.
Fonti:
Imagines: copertina