Fra comunicati sui giornali e palme in piazza Duomo (che hanno suscitato certamente più clamore di quello che ci si aspettava), siamo ormai tutti a conoscenza del prossimo arrivo a Milano di Starbucks, famoso brand attivo nella caffetteria e pasticceria industriale e presente in oltre sessantacinque paesi del mondo, con un fatturato di oltre 15 miliardi di euro annui. In effetti, quello di prossima apertura nel 2018 è il primo flagship store che la catena ha deciso di lanciare in Italia, complice forse anche una modernizzazione dei gusti delle nuove generazioni del nostro paese, sempre più attratte dalle rinomate catene americane più che dal gusto del buon espresso nostrano. Del resto, si sa, a metà degli anni ’80 McDonald’s scommise sull’Italia e, contrariamente ad ogni più rosea aspettativa, ora conta quasi 550 ristoranti con più di ventimila dipendenti, con buona pace dei puristi della cucina tradizionale. In questo contesto, certamente i brand del buon caffè italiano non hanno potuto rimanere in silenzio a guardare. In particolare, due dei più famosi chicchi italiani hanno deciso di aprire i loro flagship cafes nella capitale economica del paese, per prepararsi all’arrivo della concorrenza d’oltreoceano.
In particolare, la torinese Lavazza ha da poco aperto il suo primo coffee corner a Milano, in Piazza San Fedele, non lontano da dove Starbucks aprirà il suo avamposto italiano. Inoltre, Illycaffè, azienda triestina produttrice di caffè fra le più grandi in Italia per fatturato, ha anch’essa aperto il suo primo flagship store a Milano. Entrambe, con le nuove aperture, si pongono l’obiettivo di fornire una nuova esperienza di degustazione del caffè, con la possibilità di passare il proprio tempo lavorando (con connessione Wi-Fi) oppure pranzando e gustando una particolare pâtisserie artigianale e caffè tostato al momento. Certamente, sia Lavazza che Illycaffè sono puristi dell’aroma, e nulla hanno a che vedere con la politica portata avanti da Starbucks, che è più un prodotto di moda che un prodotto di qualità. E, secondo Jean-Paul Gaillard – al vertice di Nespresso per dieci anni, prima di fondare la propria casa produttrice di caffè etico -, certamente il tempismo delle due aziende non è casuale, ed è dimostrativo per rimarcare la loro presenza in Italia ai nuovi concorrenti.
Sicuramente, dal punto di vista economico, sia Starbucks che Lavazza e Illycaffè mirano a intercettare un pubblico di consumatori che sia disposto a spendere per un caffè più del canonico euro richiesto dalla maggior parte dei bar italiani: e lo fanno offrendo sia un prodotto diverso o per qualità o per esperienza di consumazione, in nuovi coffee corner, che vogliono essere più un punto di ritrovo che un anonimo luogo di consumo della bevanda. Ciò, quindi, non intaccherà i guadagni dei piccoli esercenti, e avrà come conseguenza più che altro nuovi posti di lavoro e maggior attrattività del nostro paese agli occhi del turismo internazionale.
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