L’antitesi di utopia: la distopia (in inglese dystopia) è una società fittizia in cui le tendenze sociali, politiche e tecnologiche avvertite nel presente vengono portate agli estremi, esaltandone gli aspetti negativi e distorsivi.
Questo è il tema della mostra che ha ora luogo presso la Galleria Fumagalli di Milano, in Via Bonaventura Cavalieri 6, curata da Lorand Hegyi e Angela Madesani.
Un tema che nasce durante il secondo Novecento, e che tutt’ora persiste imperterrito nell’arte contemporanea. Tant’è che talvolta viene tacciato dai più come “roba già vista”, senza peraltro soffermarsi sulle diverse chiavi di interpretazione che ogni artista adopera.
Senza dubbio si tratta di un argomento che sta a cuore a molti, e che come ogni altro tema artistico si radica nelle esigenze più urgenti dell’artista. Il quale, agendo “da specchio” al mondo che lo circonda, offre nuovi strumenti e punti di riflessione all’intera società. In questo caso l’artista guarda con occhio critico quest’ultima, che nel suo apogeo, nella sua più alta vetta, costituisce inesorabilmente un punto di non ritorno.
La coppia di artisti Anne e Patrick Poirier lavora dal 1967 come coppia di artisti viaggiatori, il cui compito è quello di riportare in auge studi e materiali di civiltà antiche, per comprendere al meglio la realtà che ci circonda nel contemporaneo.
Il loro studio si serve di passato e presente per la creazione di una rappresentazione futura, ideandone civiltà e filo storico. Perché è da qui che si cerca di evitare un futuro catastrofico: immaginando diverse vie di uscita nel presente, tenendo conto dei risultati pervenutici dal passato.
Ciò invita lo spettatore a considerare possibilità alternative di interpretazione del mondo, e ad interiorizzare il presente in un ambiente storico più ampio.
La ricerca dei due artisti, infatti, si propone di indagare la dimensione spazio-temporale fisicamente percepibile, ed i suoi conseguenti rapporti con l’inconscio.
Interessante il percorso artistico della coppia francese: durante i loro 50 anni di attività scoprono civiltà ed indagano sulle loro scomparse, facendosi guidare da molteplici forme di conoscenza, quali archeologia, architettura, mitologia, psicologia, anatomia e antropologia. Tutto questo sino a raggiungere un eterogeneo risultato formale.
Per il progetto Dystopia, la coppia ha lavorato su opere inedite, basandosi sulla ricerca da loro portata avanti durante gli ultimi anni sui siti dell’antica Mesopotamia (all’incirca le odierne Siria e Iraq).
Nello spazio della Galleria, lo spettatore viene accolto dalla parete Utopia in cui troneggia la scultura “Janus”, composta dalle teste comunicanti dei rispettivi artisti, che simboleggia il loro rapporto in simbiosi, evidenziando il loro abbandono dell’ego per una totale condivisione delle reciproche idee e sensibilità.
La controparete Dystopia, invece, accoglie le due torri nere Dystopia I e Dystopia II, rappresentazioni di un progetto umano fallito, che sembrano presagire un futuro post-apocalittico, le cui coordinate geografiche e storiche sono del tutto sospese.
Ma passando ai tre frammenti scultorei degli occhi oro “Storia, Oblio e Fragilità”, si giunge al centro al tappeto “Hatra”, una stampa fotografica catturata dai satelliti di Google Earth della città irachena Jazira, ridotta in rovine: un’opera che genera un senso anacronistico e di alienazione.
Inoltre, rimanendo nella fotografia, la serie “Archives” vuole parlarci di caducità e vanità, riprendendo l’antica concezione del “memento mori” e dell’ “omnia vanitas”. Le fotografie sono nature morte di oggetti diversi raccolti dagli artisti, come bicchieri rotti, foto strappate, bucce, vegetali in decomposizione.
“Ouranopolis” è invece un’opera realizzata su supporto cartaceo, sotto forma di diario documentaristico dell’omonima località della Grecia nord-orientale, che raccoglie informazioni e immagini del luogo. Ciò testimonia in maniera davvero affascinante il lavoro di ricerca dei due artisti.
In questo viaggio ai confini dello spazio e del tempo, Anne e Patrick Poirier ci invitano ad evadere da una società ossessionata dal presente e dalla sua frenesia di avanzamento tecnologico e virtuale, che non tiene conto delle relative conseguenze politiche, sociali ed ambientali.
Di conseguenza appare utile, ora più che mai, riflettere sui temi da loro proposti ed avvalorare il lavoro intenso ed originale dei due, che per anni non hanno smesso di indagare e vagliare la storia ed i criteri che ci hanno condotti fino a questo punto.
Ribadendo fermamente che è proprio questo il tempo in cui vi è la necessità di trattare temi inerenti a società alternative, pur considerando ciò che accade nel reale, a prescindere da ciò che ne pensa la critica d’arte.
Nel frattempo, la coppia ha esposto e divulgato questa ricerca nelle istituzioni più prestigiose ed internazionali, tra cui: Biennale di Venezia, Documenta VI di Kassel, Neuer Berliner Kunstverein di Berlino, Centre Georges Pompidou di Parigi, MoMa di New York, Musée des Beux-Arts di Nantes.
Ora sarà visitabile dal pubblico milanese (e non) fino al 20 dicembre 2017.
Credits:
per l’articolo: http://galleriafumagalli.com/mostra/dystopia/
per le foto: dell’autrice in visita alla mostra