Charlottesville è una città americana dello stato della Virginia con più di 45.000 abitanti. Fondata nel 1762 e sede di un’affermata università, deve la sua denominazione alla Regina Sophie Charlotte, consorte del sovrano del Regno Unito George III. Queste, tuttavia, sono solo frivolezze e curiosità: la città è diventata recentemente più nota per degli sfortunati eventi che hanno coinvolto politicanti dei versi opposti. Charlottesville, ora, è il nome del nuovo simbolo della denuncia nei confronti della violenza e dell’odio.
Lo scorso 12 Agosto, centinaia di suprematisti neo-nazisti e nazionalisti bianchi si sono scontrati contro dimostranti anti-fascisti, tanto da gettare la città nel caos e da costringere il governatore a dichiarare lo stato di emergenza. Il motivo? La decisione da parte di Charlottesville di rimuovere da un parco pubblico la statua di Robert E. Lee, generale confederato della Guerra Civile che gli estremisti di destra inneggiano ad eroe dei sudisti. La dimostrazione che l’odio è generato dall’ignoranza? Il fatto che il caro generale fosse in realtà molto all’avanguardia per il lontano 1800, ed era favorevole all’abolizione della schiavitù, definendola come “un male morale e politico in ogni Paese”.
Le conseguenze degli eventi di Charlottesville sono stati drammatici: una pacifista di 32 anni, Heather Heyer, è rimasta uccisa, investita da un militante neonazista che ha diretto la sua auto a tutta velocità contro la folla di manifestanti anti-fascisti, causando anche moltissimi feriti. L’artefice del terrorismo domestico era, dunque, uno di quei suprematisti bianchi che dichiarano di difendere la “loro” America con le armi e la violenza al grido di “white lives matter”. Già all’inizio di luglio Charlottesville, soprannominata Cville, era stata protagonista di tafferugli da parte del Ku Klux Klan, conclusisi con un totale di 23 arresti.
Questa volta, tuttavia, la situazione è decisamente degenerata. Molti leader sia democratici sia repubblicani si sono schierati contro il razzismo dei suprematisti, definendo l’atto come un tradimento degli ideali americani. Molti leader, certo. Peccato però che all’appello è mancata per più di 48 ore la reazione del leader per eccellenza, il presidente Trump, il quale ha mantenuto un comportamento ambiguo e solo dopo due giorni ha apertamente condannato le azioni imperdonabili avvenute a Charlottesville. Ovviamente i media non hanno sorvolato sulla mancata reattività del leader numero uno e i commenti sono stati taglienti ed indignati. Per riflettere sui tragici eventi di Cville una menzione in particolare merita il premio Pulitzer Colbert King, che sulle pagine del Wall Street Journal dichiara, rivolgendosi direttamente al presidente:
La gente che manifesta a Charlottesville è la tua gente, parla la tua lingua e vomita i tuoi sentimenti. Non far finta di non conoscerli. Uno di loro ha raggiunto la Casa Bianca.
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