Figure retoriche e letteratura corrono in parallelo. Si tratta, infatti, di artifici della lingua che creano uno scarto con l’effettivo significato delle stesse parole utilizzate nel linguaggio comune e che, talvolta, possono anche essere utilizzate per dar maggior enfasi ad un’espressione o maggior risonanza ad alcuni termini. Analogamente e inaspettatamente ritroviamo figure retoriche anche nelle arti figurative e nella scultura, le cui forme sono ottenute dall’uso del pennello e dello scalpello.
Già Leon Battista Alberti, nel De Pictura, scriveva che il grande Fidia aveva imparato a scolpire Giove dopo aver letto i poemi omerici. Suggeriva di imparare, perciò, dai poeti e riportare gli insegnamenti appresi nella pittura.
In alcuni casi, creare un’immagine che sia simbolo di qualcos’altro può essere più facile che riprodurla con parole. È il caso dell’allegoria, figura retorica che affida alle parole un senso allusivo diverso dal loro contenuto logico, come nel caso dell’Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo, ciclo di affreschi dipinto da Ambrogio Lorenzetti a Siena. Qui, nell’Allegoria del Buon Governo, sono evidenti semplici figure umane e angeliche, leggibili in prospettiva retorica come la Giustizia seduta su un trono con la bilancia tra le mani, il Comune vestito con i colori dello stemma senese, le Virtù teologali e quelle cardinali.
In altri casi l’allegoria diventa personificazione, ossia attribuzione di caratteristiche umane ad astrazioni. La Primavera di Botticelli è rappresentata come una donna in abito floreale, alla cui sinistra è raffigurato un ragazzo dalla pelle azzurra, personificazione di Zefiro, il vento.
Altre volte, come in Modigliani e Botero, si rintraccia persino l’iperbole, ovvero l’esagerazione, ritratta nelle donne dal collo smodatamente lungo del primo e negli individui eccessivamente grossi del secondo.
Il futurismo basava la propria lezione sul dinamismo:
“Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno”
In arte questo senso di velocità viene rappresentato attraverso la ripetizione di elementi. Depero, utilizzando immagini in sequenza quasi fotografica, conferisce movimento al suo Ciclista attraverso la città. L’accostamento di rappresentazioni simili ricorda quella che in letteratura è chiamata allitterazione, ripetizione di suoni.
Più rare, le figure retoriche nella scultura prendono la forma del chiasmo, che si realizza nell’accostare due elementi concettualmente paralleli in modo tale che i termini del primo gruppo di parole siano disposti in maniera opposta a quelli del primo. Ideato dallo scultore greco Policleto, il chiasmo si concretizza nello sbilanciamento del corpo della statua, che nel Doriforo è visibile nella verticale del corpo che segue una S immaginaria, equilibrando lo sbilanciamento della testa, con l’opposizione ad essa della postura del tronco; nei Bronzi di Riace formando una χ (chi), attraverso le flessioni e le tensioni dei muscoli.
Fonti: https://it.pearson.com/aree-disciplinari/italiano/approfondimenti-disciplinari/imparare-le-figure-retoriche-con-le-immagini.html; http://www.treccani.it/vocabolario/allegoria/; http://www.classicitaliani.it/futurismo/manifesti/marinetti_fondazione.htm; http://www.treccani.it/vocabolario/chiasmo/; http://www.francescomorante.it/pag_1/106ba.htm
Foto: copertina