Il 1534 è l’anno in cui venne ultimato Palazzo Te, situato nel cuore di Mantova: voluto fortemente da Federico II Gonzaga, venne realizzato sotto la guida di Giulio Romano, l’allievo prediletto di Raffaello Sanzio. Il nome proviene dalla piccola isola Tejeto, una delle tre che costituivano a quel tempo Mantova, divisa dai laghi e dal fiume Rio. Il palazzo venne pensato come ad una tenuta per ospitare le scuderie, ma presto si trasformò, per volere dello stesso Federico II, come luogo di svago e sede delle sontuose feste offerte dal duca.
Il palazzo si presenta come un edificio a pianta quadrata con al centro un grande cortile quadrato con quattro entrate sui quattro lati: è facile notare come Giulio Romano abbia preso ispirazione dalla struttura tipica della domus romana, essa infatti mostra una struttura insolita per l’epoca, costituita da un largo e basso blocco che forma un solo piano e che si sviluppa in ampiezza più che in altezza. L’entrata principale verso la città è una loggia, nota con l’appellativo Loggia Grande, composta da tre grandi arcate, che sia affacciano sul giardino, dove, secondo le fonti giunte sino a noi, Federico II soleva fare sontuosi pranzi estivi e intratteneva gli ospiti con spettacoli teatrali.
Il palazzo è suddiviso in una concatenazione di camere, sale e spazi aperti che raccolgono una coinvolgente alternanza di eventi figurati che illustrano i miti lontani, ma anche le storie che parlano delle glorie del casato mantovano dei Gonzaga. Tra quelle più note vi sono la Sala di Amore e Psiche, sala da pranzo del duca dove su parte delle pareti vi sono affrescati i momenti salienti della storia di Psiche e del suo legame per il dio Amore prendendo come fonte le Metamorfosi di Apuleio, mentre sulle restanti appaiono episodi della mitologia che riguardano la dea Venere e Marte.
Un’altra camera importante è la Sala Grande dei Cavalli che contiene i ritratti affrescati dei sei destrieri preferiti da Federico II; questa sala era adibita a sala da ballo e dove il duca intratteneva i suoi ospiti illustri con le sue lussureggianti feste.
Sicuramente di palazzo Te la stanza più celebre e conosciuta è la Sala dei Giganti che ancora oggi sorprende i visitatori per la sua struttura originale e per la potenza espressiva dalle immagini dipinte. Giulio Romano audacemente concepì uno degli esperimenti più coraggiosi nella storia dell’arte: egli alterò la struttura fisica e gli elementi architettonici della sala, smussando gli spigoli delle pareti, in modo che la pittura non avesse alcun vincolo spaziale, quel che rimane è una enorme “tela” in cui lo spettatore si ritrova immerso senza rendersene conto.
La vicenda scelta da rappresentare da Romano è il mito della Caduta dei Giganti è tratta dalle Metamorfosi di Ovidio e narra la lotta che i Giganti ingaggiarono contro gli Dei dell’Olimpo. La scena dipinta mostra il momento in cui Zeus, assistito dagli altri Dei, scaglia i suoi fulmini che colpiscono le rocce del monte, i Giganti appaiono nel momento in cui soccombono alla caduta delle pietre mentre cercano invano di salvarsi. L’architettura della sala e la potenza della pittura di Romano fanno in modo che la scena avvolga lo spettatore rendendolo partecipe della sconfitta dei nemici di Zeus.
L’energia che la scena sprigiona, aiutata dalla maestosità dell’affresco e della sala, sembra essere precursore della maestosa opera di Michelangelo del Giudizio Universale nella Cappella Sistina, lo spettatore si trova coinvolto in una opera che lo sconvolge e lo travolge senza la possibilità di “fuggire”, ma allo stesso tempo si ritrova sommerso dalle molte emozioni che l’affresco suscita in lui dandogli la possibilità di provare un’esperienza fuori dai normali schemi.
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