Una delle antiche favole di Fedro ci testimonia l’usanza che vigeva tra gli antichi di cacciare i castori per ricavarne i testicoli, importanti all’epoca per il loro utilizzo medicinale.
A questa comune pratica, che agli ecologisti contemporanei potrebbe far rizzare il pelo – certo non più dei poveri animali -, si era affiancata l’idea che i castori quando si accorgevano di esser inseguiti, erano soliti strapparsi da sé i testicoli cosicché i cacciatori, ottenuto il necessario, li lasciassero in pace.
Per quanto bizzarra, audace e masochista possa apparire questa storiella, su cui non ci si vuole sbilanciare in merito di effettiva veridicità, è risaputo che l’estratto di castoro, secrezione di ghiandole poste in prossimità anale e nota come castoreo, viene utilizzato per prodotti cosmetici, sigarette e in alcuni casi anche per alimenti.
La scelta di un ingrediente in apparenza così inusuale è dovuta al fatto che il castoreo rasenta l’aroma di vaniglia, ampiamente usato per profumi e fragranze ma anche bevande e cibi, spaziando da gelati a caramelle.
Gli usi alimentari di queste secrezioni sono stati autorizzati negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration, ente governativo che si occupa della regolamentazione di prodotti farmaceutici e alimentari.
La sicurezza del suo utilizzo è testimoniata da ricerche facenti capo al Burdock GA, come indicato da un’articolo riportato su PubMed: nessun pericolo di tossicità né per quanto riguarda l’uso orale, né l’uso cutaneo prolungato.
Per quanto fantasiosi siano i tentativi di riallacciare l’etimologia del nome di questo simpatico animale, castoro, al termine castrare, sorgerebbe in un primo momento spontaneo e comprensivo seguire tale direzione.
In definitiva, nessun collegamento linguistico ed etimologico diretto, soltanto una fortuita coincidenza che grazie all’assonanza genera un sardonico seppur amaro sorriso.
Fonti:
Le proprietà degli animali, edizione e traduzione di P. Navone, Genova, 1983
www.voices.nationalgeographic.com
www.greenme.it
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