“Chi se non un dio potrebbe prometterti il dono più prezioso che esista, la vita, […] e al tempo stesso farti pagare un prezzo così terribile come la vita di un altro?”
Valerio Massimo Manfredi pubblica “Il mio nome è Nessuno-Il Giuramento” nel 2012, con la Mondadori. Manfredi gioca con la mitologia: questo è il primo libro di una trilogia che narra le avventure del multiforme Ulisse. Questo primo capitolo occupa un arco temporale che va dall’infanzia di Ulisse alla fine della guerra di Troia. E’ l’eroe stesso (e qui l’autore fa centro) a narrare le sue vicissitudini. La prima parte narra degli insegnamenti impartiti ad Odisseo dal padre, dal nonno e dal maestro. La rocciosa Itaca fa da sfondo alla lenta maturazione del ragazzo che dimostra una grande acutezza e una non comune saggezza fin dai primi anni di vita. Tutti conoscono la storia di Ulisse (che Manfredi chiama col suo nome greco Odisseo), ma non in maniera così approfondita, e l’umanità delle leggende è ciò che ha sempre incuriosito chi leggeva. E’ proprio questa la forza del romanzo: mostrare quanto l’eroe acclamato in realtà non sia altro che un semplice uomo, con le sue paure, le sue debolezze, tutta la sua fragilità terrena. Certo, la pallade Atena accorre in suo soccorso spesso, ma ciò non toglie al protagonista la sua natura di essere umano, anzi: se possibile, il contatto con il divino rende Odisseo ancora più simile a chi legge. Lo stesso eroe si trova ad ammirare Eracle e le sue imprese straordinarie, a chiedersi se siano vere le leggende che aleggiano intorno al nome del nonno Autolykos, si commuove di fronte ai resti della nave Argo dopo aver ascoltato per tutta la vita le leggende su quegli eroi. L’autore regala al lettore anche degli episodi di giallo investigativo nell’antica Grecia. La parte centrale narra invece di come i ragazzi che sarebbero diventati gli immortali eroi della guerra di Troia si siano conosciuti e abbiano stretto legami di amicizia, oltre che di amore: viene descritto come Elena abbia scelto Menelao e come Ulisse sia stato scaltro anche in quell’occasione; si narra del tenerissimo innamoramento con Penelope e di come il giovane principe di Itaca diventi un re, non solo per diritto, ma anche per merito.
“Mi hai costruito un nido fra i rami di un albero. Nessun uomo al mondo lo avrebbe pensato. Anche soltanto per questo ti amerei per sempre“
L’ultima parte del romanzo è la più toccante, poiché Manfredi fa vivere al lettore, attraverso gli occhi dell’eroe, gli orrori della guerra, terribile in ogni luogo ed epoca. Odisseo desidera disperatamente tornare a casa dalla sua “sposa dalle bianche braccia“. Vedere gli eroi morire diventa doloroso per il lettore quasi quanto lo è per il narratore: come in tutti i libri ben scritti, quando muoiono dei personaggi cari al lettore è come se morissero degli amici reali.
L’autore gioca con i nomi e le formule del greco antico, facendo sfoggio di erudizione e regalando ai classicisti un maggior divertimento. Tuttavia, è un romanzo accessibile a tutti: la sintassi è molto scorrevole, i periodi brevi, il lessico accurato e c’è una netta prevalenza del discorso diretto, che rende più avvincente la lettura. Anche la suspense è una caratteristica di questo libro: i capitoli sono brevi e hanno sempre una chiusa ad effetto. Chiunque abbia studiato greco (soprattutto se con il metodo danese) si divertirà a trovare le somiglianze tra molti passaggi del libro e le versioni fatte al liceo. Ricorrono lo stile formulaico e gli epiteti tipici della cultura greca. Una lettura caldamente consigliata a chi ama il classicismo e la mitologia o a chi volesse avvicinarsi ad essi.