Wolf Children è un film d’animazione giapponese (o, più semplicemente, “anime”) datato 2012 che vede Mamoru Hosoda alla regia.
Molto conosciuto tra gli amanti del genere, accolto con grandi applausi e molte lacrime dalla quasi totalità del suo pubblico, dopo la visione non è affatto difficile capirne il motivo. Ciò che mi interessa sottolineare, più che le tematiche trattate nell’opera, è il motivo per cui il lavoro di Hosoda sia stato così tanto apprezzato.
!!Attenzione!!
Ai fini dell’argomentazione sarà fatto uno spoiler riguardante i primi venti minuti del film: al lettore,quindi, la decisione se proseguire o terminare qui la lettura.
La trama vede protagonista Hana, una giovane studentessa laboriosa e indipendente, la quale incontra durante una lezione universitaria un ragazzo dagli atteggiamenti misteriosi. Quest’ultimo resterà subito colpito dalla spontaneità e dalla gentilezza della ragazza, e tra i due inizierà una storia d’amore. Tuttavia, Hosoda abbandona presto il realismo cui sembrava volersi appigliare, e stravolge interamente la storia: il ragazzo svela ad Hana di essere un uomo lupo, consapevole che questa scoperta provocherà l’allontanamento della sua ragazza.
Ma lei rimane, continuano a vivere insieme, si amano e nascono due bambini, la piccola Yuki e il piccolo Ame. La storia procede veloce, finché una tragedia stravolge completamente la quotidianità dell’insolita famiglia: in forma di lupo, il padre viene trovato morto in un canale, senza che sarà data nessuna spiegazione. Distrutta per la perdita, ignara di come crescere due bambini lupo, Hana non perderà la speranza e cercherà di rendere felice la vita sua e dei suoi figli.
È impossibile restare impassibili di fronte alla visione di Wolf Children, una pellicola che con grazia ed eleganza riesce a trattare temi delicati senza scadere nell’insegnamento facile o retorico, puntando sempre sulla semplicità e sull’impatto diretto che hanno le immagini sullo spettatore. Nella primissima porzione di film facciamo la conoscenza di Hana e dell’uomo lupo, entrambi ben caratterizzati con pochi ma mirati dialoghi. Le difficoltà della gioventù, unite all’ebbrezza di un amore dai sapori giovanili aprono la strada per un dramma dai toni scherzosi, caratterizzato dalla difficile crescita di Yuki e Ame e dai tentativi di Hana di tenere insieme i membri della propria famiglia. Il tutto si trasforma quindi in un film di formazione, in cui Yuki e Ame, di fatto i veri protagonisti della vicenda (senza mai esserlo completamente), si avvicinano e si allontanano alla costante ricerca della loro strada.
Due però sono le cose che considero più ammirevoli nell’opera di Hosoda: la passione con cui la storia viene raccontata e, sopratutto, la capacità con cui è stata mescolata la normalità con l’anormalità. Per quanto riguarda il primo punto, ogni minuto del film evidenzia l’amore del regista nei confronti del suo lavoro: una storia complessa, che segue la vita e la crescita di quattro personaggi, viene raccontata in modo semplice e diretto; i punti drammatici vengono superati e risolti mostrando una visione più positiva della vita ma, nel fare il tutto, Hosoda riesce comunque a dare il giusto spazio al dolore umano e alle sofferenze dei protagonisti.
Per concludere, il tocco da maestro: tutto il film è uno splendido impasto di elementi realistici ed elementi fantastici, ma il risultato finale è un grande equilibrio che non fa mai storcere il naso allo spettatore. Ame e Yuki, come il loro padre, sono uomini lupo, e proprio la loro natura diventa la causa di molti espedienti narrativi che portano avanti la trama; nonostante ciò, al centro della vicenda vengono posti relazioni e problemi molto umani da affrontare: l’amore, la famiglia, la scuola, la crescita, il trovare la propria strada e il proprio scopo nel mondo. Per questo motivo, il pubblico sente vicinissime le preoccupazioni della famiglia di Hana, e ne diventa partecipe, immaginando soluzioni e sperando in un lieto fine.
Fonti:
Repubblica.it
Crediti:
Kotodama and Tea Time
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