In una società che pretende una costante connessione, che richiede pensieri e azioni veloci e che impone il rispetto di una sorta di dovere sociale, l’introversione è spesso vissuta come un difetto.
Fin da piccoli l’estroversione sembra essere il canone a cui è corretto aspirare, sulle pagelle scolastiche è comune che la maestra segnali: “L’alunna è attenta in classe ma poco partecipe, parla poco” oppure, all’asilo, basta che un bambino giochi da solo per suscitare apprensione.
Estroversione e Introversione sono state teorizzate e descritte per la prima volta dallo psichiatra Carl Gustav Jung, il quale non le riteneva due poli opposti della personalità ma due dimensioni compresenti in ciascun individuo, anche se poi ogni persona sviluppa una maggiore attitudine ad essere proiettato verso il mondo esterno piuttosto che attratto dalla sfera interiore.
È importante non sovrapporre l’introversione alla timidezza, quest’ultima, infatti, si lega all’insicurezza e all’imbarazzo, a una sorta di timore del giudizio altrui mentre l’introverso è una persona molto riflessiva e cerebrale, non ama improvvisare una conversazione pur di attaccare bottone, non cerca un numero elevato di relazioni sociali e non sente il bisogno di condividere sempre le sue opinioni e i suoi pensieri ma questo non fa di lui un insicuro.
Predilige, invece, poche amicizie ma più profonde e durature, sa ascoltare e non è affatto un asociale, come spesso si crede, ma desidera poter stare da solo con sé stesso e rilassarsi nella sua privacy, un bisogno molto più sentito rispetto che per un estroverso.
Eppure la logica del branco favorisce gli estroversi e spesso pesa su questi individui: pacatezza e riservatezza rischiano quasi di fare emarginare l’introverso che, per via del pregiudizio comune, si convince che la sua indole sia un problema.
Oggi però l’introversione si sta prendendo delle rivincite: Marti Olsen Laney, ricercatore e psicoterapeuta, ha condotto degli studi secondo i quali il cervello delle persone introverse lavora di più ed è maggiormente stimolato. Gli introversi reagiscono tendenzialmente più lentamente perché il loro pensiero segue degli sviluppi più complessi ma hanno una maggior capacità di risolvere i problemi e spesso sorprendono con pensieri inattesi e acuti.
Non solo: l’”Harvard Business Review” ha pubblicato una ricerca che sostiene che gli introversi siano leader migliori degli estroversi.
L’introversione si sta sdoganando, grazie anche a molte celebrità che hanno fatto “outing”, Emma Watson si definisce “A disagio in pubblico e alle feste rumorose”, Beyoncé dice di sé “Ho grandi capacità di ascolto e mi piace osservare e questo a volte viene preso per timidezza”, così come J.K. Rowling, Tom Hanks e ancora altri. Una rivincita degli introversi che possono smettere di fingersi diversi.
Tutto ciò non significa dover restare immobili nelle proprie posizioni. Susan Cain, autrice del saggio “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare” spiega che chiunque, per maturare, deve saper uscire dalla propria comfort-zone: un introverso deve essere in grado di parlare in pubblico per difendere un’idea che gli sta a cuore e può imparare alcune abilità ma questo sempre amandosi e accettando il proprio modo di essere, senza pensare che sia sbagliato, al contrario, deve credere in sé stesso e insistere sui suoi punti di forza.
FONTI:
www.corriere.it
www.iodonna.it
www.crescita-personale.it
La Rivincita degli Introversi di Viviana Mazza, La Lettura, 20 Agosto 2017.
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