Avevo 21 anni quando sono scappata dal mio paesino di San Salvador, Jardin. La leggenda vuole che Cristoforo Colombo sia passato proprio di lì per colonizzare e abbia lasciato tracce dell’Occidente nei volti della popolazione: c’erano donne bionde e dagli occhi azzurri, diverse dal resto degli abitanti, per questo ‘Jardin’ il giardino delle belle donne.
Io non sono una di loro.
Avevo 21 anni quando sono scappata dal mio paesino dove lavoravo in una fabbrica come sarta, non guadagnavo abbastanza ed ero la prima di 8 sorelle: chi le avrebbe mantenute, chi le avrebbe fatte studiare?
Ed eccomi in Italia presso questa famiglia con due bambini biondi, lavoro 10 ore al giorno con due ore di pausa nel pomeriggio, mi devo prendere anche cura della nonna malata di Alzheimer.
Il lavoro è faticoso ma non mi lamento, la paga è buona, non sono in regola, la famiglia non mi versa i contributi perché costerei troppo.
Conosco Antonio a messa, anche lui viene dal mio paese.
Sono ingenua, non ho mai avuto un uomo.
La nostra prima volta è uno stupro organizzato: la sua famiglia mi invita a cena e poi mi lascia sola con lui, io non voglio ma sono obbligata. Porco.
Lui non vuole usare precauzioni e io non prendo la pillola, dopo un anno rimango incinta.
Non so cosa fare.
Sono grande, la scelta è mia.
Cosa fare? Dio, cosa fare?
Ricordo le parole dolorose del mio datore di lavoro ‘se fosse mia figlia le farei tenere il bambino e me ne occuperei, ma lei non è mia figlia’.
Aborto, questa è la scelta.
Cos’altro avrei potuto fare?
Continuo a lavorare.
Resto incinta di nuovo, Antonio in Italia non lavora, sono io a pagargli tutto, anche l’affitto.
Questa volta non voglio abortire, questa volta no.
Ma chi si occuperebbe del bambino?
Decido di tornare a casa a Jardin, là mio padre e la mia famiglia si prenderanno cura del nuovo nato.
E così ritorno con Antonio.
Rompiamo immediatamente e non lo vedo più.
Inizio a lavorare in una fabbrica di calze e apro un mutuo per comperarmi una casetta tutta per me.
Ritrovo Porfirio, il mio grande amore d’infanzia.
È subito amore.
Abbiamo due bambine, una dopo l’altra.
Ma sono sfortunata nelle cose del cuore: Porfirio si vuole vendicare del mio passato, della mia relazione con Antonio, mi lascia.
E il mutuo? E i soldi?
I soldi non bastano mai.
Sono passati dieci anni da quando sono tornata nel mio paese ma mi vedo costretta a tornare in Italia.
Partiamo, e che Dio mi aiuti.
Inizio a lavorare, fare le pulizie in un condominio presso cui vivo e dove conosco un altro uomo, anche lui Antonio, anche lui del mio paese.
Antonio è amorevole, dolce, tutto bontà.
Finalmente.
Io non ho il permesso di soggiorno, non ho un conto in banca, non ho documenti, inizio con quello che guadagno a pagare una casa insieme al mio uomo e nel frattempo continuo con il mutuo a Jardin.
Un giorno mi accorgo che i conti non tornano: parte del contante che nascondo per la casa sparisce nel nulla. Dove vanno i miei soldi?
Un bel giorno trovo in casa mia e di Antonio, quella che stavamo pagando insieme, bene, ci trovo un’altra donna, anche lei di San Salvador: Antonio mi mette alla porta; ha usato i miei soldi per farla venire dal nostro paese e pagarle il biglietto e ora sono fuori casa.
Una sorella di Antonio mi prende in casa per un mese, l’estate la passo al mare con una signora anziana.
E poi, poi arriva un angelo, una delle signore per cui faccio le pulizie decide di aprire le pratiche per farmi avere il permesso di soggiorno.
Appena lo ottengo faccio un balzo di qualità: mi viene affidata la portineria del condominio.
Lavoro duro, 30 ore di portineria e 30 ore di pulizie settimanali ma ci riesco: ottengo il ricongiungimento familiare, le mie tre bambine sono con me in Italia.