Il fotografo italiano Domenico Jodice nasce nella Napoli fascista degli anni Trenta, nell’oggi tristemente noto “rione Sanità”.
Come avvenne per i più importanti esponenti della fotografia mondiale, il suo approccio all’arte non fu né diretto né agevole.
In giovane età Jodice fu costretto a lavorare a causa del disagio economico della famiglia, attività che, fortunatamente, non gli impedirà di annullare la sua passione né tanto meno di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel corso della quale si avvicinerà alla scultura ed alla pittura.
Si dedica totalmente all’attività fotografica a partire dagli anni Sessanta, partendo da un approccio avanguardista orientato verso lo sperimentalismo, influenzato in questo dal fotografo inglese Bill Brandt.
Non tarda la collaborazione con i più eminenti artisti dell’epoca: da Vito Acconci ad Alberto Burri fino ad Andy Warhol.
Nel 1969 arriva il suo primo libro, Chi è devoto; nel 1970 la cattedra all’Accademia delle Belle Arti della sua Napoli.
Negli anni Settanta inizia un nuovo approccio alla fotografia. La sperimentazione lascia il posto all’indagine sociale, scattando ed immortalando lo stato effettivo di Napoli e del meridione in generale.
Da questa sua attività nascono nuove opere, tra le quali si segnalano “Vedute di Napoli” del 1980 e “Teatralità quotidiana a Napoli” del 1982.
Negli anni Novanta la sua ricerca si estende al bacino del Mediterraneo tutto, concentrandosi in particolare sulle rovine della civiltà greca e romana che hanno fondato la nostra cultura.
Sarà infine degli ultimi quindici anni il progetto Eden, il quale riesce a spostare l’attenzione dall’archeologia al mondo dei nostri giorni, compiendo un abbraccio virtuale tra la sperimentazione degli esordi e le tematiche sociali degli sviluppi.
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fonti: studio da parte dell’autore
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