Contrariamente a quella che è probabilmente l’opinione diffusa, lo scorso anno l’industria musicale americana è cresciuta. La crescita è imputabile in gran parte all’aumento della richiesta di musica on-demand: nel 2016 lo streaming musicale è aumentato del 76% rispetto all’anno precedente. Un aumento tanto significativo che, ad oggi, negli Stati Uniti lo streaming è diventato la forma più diffusa di fruizione musicale.
Per quanto riguarda la vendita di album – sia fisici che digitali – il rock fa ancora da padrone. Lo streaming musicale è invece dominato dal R&B e dall’hip-hop. Non a caso, il 2016 è stato l’anno di Drake: il canadese è stato l’artista l’artista più “potente” dell’anno per volume totale (con volume totale si intende somma delle vendite e dello streaming di album e singole canzoni), vendite di canzoni digitali e musica on-demand.
Come volumi di vendite, l’industria musicale americana è la più significativa a livello mondiale, e generalmente i trend musicali nazionali riflettono quelli osservabili a livello mondiale: anche a livello mondiale, infatti, l’industria musicale è cresciuta, e Drake è stato incoronato world’ best selling recording artist of 2016.
Per quanto riguarda la spesa totale, negli USA la musica live rappresenta la fetta più consistente (44 % del totale). A livello mondiale, il tour di maggiore incasso è stato quello di Bruce Springsteen, seguito da quelli di Beyoncé, Coldplay, Guns N’ Roses, Adele, Justin Bieber, Paul McCartney, Garth Brooks, The Rolling Stones e Celine Dion.
Generalizzando molto, l’industria musicale al momento sembra dominata dalle nuove leve del R&B/hip-hop – artisti nati più o meno da inizio anni ‘80 in poi – e dalle vecchie glorie del rock – artisti che ad inizio anni ‘80 erano all’apice della loro carriera, o addirittura nella sua fase matura.
Il rock – notizia affatto nuova – sta morendo. O è perlomeno abbastanza anziano.
Morte del rock non significa certamente morte della musica. Un paio di anni fa una ricerca pubblicata dalla Queen Mary University di Londra ha mostrato come la nascita del rap e dei generi musicali correlati ha rappresentato il maggior elemento di rottura nella storia della musica americana degli ultimi 50 anni. Parlando di musica pop, l’ascesa di Lady Gaga nel 2009 è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Nel 2010, Kanye West ha rilasciato My Beautiful Dark Twisted Fantasy (grazie Taylor Swift). Lo scorso anno Beyoncé, con il suo Formation World Tour, ha definitivamente dimostrato di essersi guadagnata un posto nell’Olimpo del Pop. “Bow down bitches”.
Tuttavia è indubbio che con il tramonto del rock la musica perderà sicuramente qualcosa. O meglio, forse, più che la musica in sé, a perdere qualcosa sarà l’esperienza musicale. Il 24 novembre 1991, moriva Freddie Mercury, leggendario frontman dei Queen. Il 20 aprile 1992, 72.000 spettatori assistettero al concerto che si tenne in suo onore al Wembley Stadium di Londra. Sei anni prima, lo stesso stadio era sta la location di uno dei più celebri concerti del gruppo inglese.
Ecco cosa perderà – o cosa ha già perso – la musica. 72.000 persone che cantano in coro “Bohemian Rhapsody” con Freddie Mercury. 72.000 persone che cantano in coro “Under Pressure” per Freddie Mercury. Perché nessun altro genere musicale è riuscito a riempire gli stadi – letteralmente e metaforicamente – come ha saputo fare il rock n’ roll.
O forse non accadrà.
[blockquote cite=”Alex Turner”]“That rock and roll… It seems like it’s faded away sometimes, but it will never die.”[/blockquote]
Fonti: 2016 U.S.Year-End Music Report – Nielsen, IFPI Global Music Report – Billboard
Immagini: Arctic Monkeys News Verge Campus, BruceSpringsteen.net, Melty