Sono circa 12mila le persone che tra il 2014 e il 2016 hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo a bordo di un barcone, in condizioni disumane. Moltissimi sono i corpi che quotidianamente vengono dispersi in mare, centinaia e centinaia di individui di cui non si avrà più taccia, scomparsi nel profondo dell’oceano. Molti, però, sono anche i corpi che raggiungono senza vita le coste europee e che vengono seppelliti insieme a tanti altri in cimiteri, sotto una anonima lapide spesso dotata solamente di una targhetta identificativa con un numero. Sebbene il diritto internazionale preveda una possibilità di identificazione dei defunti anche una volta seppelliti (attraverso la raccolta dei cosiddetti dati post-mortem: portafogli, cellulari, vestiti, campioni di DNA), di fatto questo avviene molto raramente: non esiste un archivio centrale, dunque risulta difficile per i parenti delle vittime risalire all’identificazione del proprio caro.
Angelo Milazzo, ispettore capo della polizia giudiziaria della procura siciliana ha deciso di cambiare le regole del gioco. Con un lavoro lento, faticoso ma inesorabile è riuscito, nel corso di due anni e mezzo ad identificare 22 cadaveri di migranti morti durante un naufragio avvenuto nel 2014 lungo le coste libiche ed entrare in contatto con le loro famiglie tramite Facebook.
Dopo aver raccolto, come da protocollo, il maggior numero di dati possibili ricavabili dai cadaveri (altezza, peso, età, vestiti, eventuali documenti, tatuaggi e cicatrici) ed essere riuscito ad identificare anche i volti dei defunti tramite alcuni filmati, Milazzo notò che su Facebook non era raro imbattersi in siti o giornali che contenessero informazioni (o richieste di informazioni) riguardo ai naufragi o liste di nomi dei dispersi. Decise così di creare una pagina proprio su Facebook, per entrare in contatto con i parenti delle vittime:
“Pubblichiamo la foto di un dettaglio, un indumento, un tatuaggio, senza mostrare il volto e se qualcuno dei famigliari lo riconosce forniamo maggiori informazioni tramite chat privata. Alcuni parenti sono arrivati da altri paesi d’Europa per identificare i corpi e portare dei fiori al cimitero, sulla tomba dei loro familiari.”
Negli ultimi anni, in Europa, complice il costante bombardamento mediatico, vi è la tendenza inconscia a disumanizzare gli stranieri, resi spesso un mero strumento di propaganda politica.
“Il problema migranti” ha incominciato ad essere pensato come “il problema rifiuti”. Sono troppi. Dove li mettiamo? Dobbiamo smaltirli in fretta. Ma un contatto prolungato può essere dannoso? Oh no, qui da me io non li voglio, però.
Andando contro questa corrente, Angelo Milazzo ha deciso di restituire ai questi individui un’identità. Un nome, un cognome, una storia. Degli affetti che possono piangere sulla loro tomba. Salvandoli dalla condanna di rimanere per sempre numeri sotto una lapide, ha permesso loro di riacquistare la dignità di esseri umani. Cosa che spesso noi, così impegnati a formire la nostra opinione in merito, ci scordiamo di fare.
FONTI: www.internazionale.it, www.ilpost.it
CREDITI: Immagine 1, Immagine 2