FANTASIA SUL TEMPO

Si dice che non si può stabilire l’esistenza del tempo senza che si verifichino modificazioni allo spazio. Lo scorrere del tempo si manifesta, insomma, solo nel momento in cui muta la configurazione di un spazio, quando si può affermare che è avvenuto un cambiamento all’interno di una data situazione. Si può prendere come esempio questa stanza in cui mi trovo, il letto su cui sono sdraiato, la ragazza che riposa accanto, il mobilio semplice ma imponente. Qui ogni singolo elemento costitutivo è immobile e la configurazione non varia.  Questo è uno spazio preciso, chiuso e indipendente da molti altri spazi esterni che pure sono in continua evoluzione come l’autostrada all’orizzonte che vedo dalla finestra, dove lo scorrere delle auto detta il passare del tempo virtuale. In questa stanza invece nessuno scorrimento, nessuna modifica alla configurazione data. Un osservatore non vi riconoscerebbe nessuno svolgimento come se si trattasse di una pellicola composta da fotogrammi identici. Certo, se i pensieri occupassero uno spazio (che in ogni caso non sarebbe quello della stanza), allora si potrebbe dire che in virtù del fluire di idee e sensazioni si verifica un cambiamento, e quindi sarebbe riconoscibile uno corso temporale, ma esistendo in un modo tutto loro e metafisico, ovvero estraneo a questo spazio, non hanno nessuna influenza di su di esso e, a dire il vero, non potrebbero nemmeno essere registrati se non dalla mia coscienza che resta estranea a qualsiasi dimensione fisica. Si potrebbe parlare in questo caso di un tempo della psiche che esiste anche in regime di atemporalità, come nel mio caso.

Ora, tra i nostri corpi, i comodini, il letto e l’armadio nulla si sta muovendo e nulla sta intervenendo attivamente sulla configurazione spaziale sicchè non potrei dire da quanto sussiste questa condizione di inerzia poiché essa nega il tempo. Potrei con uno sforzo cambiare la mia posizione che a sua volta potrebbe instaurare una reazione su tutto lo spazio circostante e allora in virtù di questo mio spostamento darei il via ad un flusso cronologico misurabile. Per esempio potrei alzarmi dal letto, azione che muoverebbe le lenzuola attorno alla ragazza che si sveglierebbe, e si alzerebbe pure lei muovendo ulteriormente lo spazio, ma è mia intenzione e debolezza lasciare questo spazio nella sua quiete.

Parlo di infinito sia perché non si può stabilire inizio e fine della situazione non essendoci un tempo per misurarla, sia perché nella sua non misurabilità essa non è finita, ma indefinita. Di misurabile c’è solo la dimensione dei singoli elementi nella loro immobilità e sarebbe questa una misurazione piuttosto semplice poiché non esiste un moto che estenda la loro forma nello spazio.

L’immobilità è forse il più divino degli stati fisici. Essa contiene in sé tutte le possibili diramazioni nello spazio, ma è anche assimilabile al concetto del Nirvana e del nulla. L’immobilità comporta un’assenza, in questo caso di movimento, ma non lo preclude e, anzi, ne ingloba in sé la totalità di sviluppo. Solo dall’immobilità, come da un foglio bianco, si può meditare su tutto ciò che può e sta per accadere.

Ecco allora che io sono un demiurgo in questa stanza. Possiedo in me, in potentia, tutte le possibili sorti di questo spazio. Da me dipende la vita con il suo fluire e la sua attesa. Attenderò il momento opportuno per dare avvio al tempo e in questa immobilità pura io rifletterò sulle varie conseguenze che il mio gesto originario avrà, scegliendo in questo caso un inizio che garantirà lo sviluppo migliore. Traccerò in me gli schemi possibili, prevederò tutto quel che accadrà nel mio regno compresa l’inevitabile fine che non sarà altro che un mio ritorno, fra millenni, in questa stanza, su questo letto, come ho deciso che accadrà. La fine corrisponderà con il principio. Nella mia mente eterna ho tracciato i cerchi dell’esistenza con i loro punti tangenti, dipinto le traiettorie dei destini. Ho forse compreso nell’immobile impercettibilità di questo attimo la ragione dell’esistenza e i segreti della creazione. La compresenza di più spazi fra loro estranei, anche se collegati, è una conseguenza esponenziale della proliferazione di uno slancio creativo, un’inevitabile ramificazione di un progetto. Il gesto originario può essere fortuito o previsto, e da esso dipende tutto ciò che sarà.

Ma ecco che accade qualcosa che non avevo considerato. Ho commesso un grave errore nell’ignorare l’alterità, il principio femminile che a me si oppone bilanciando il potere creativo. L’esistenza si muove sempre tra due poli, tra due limiti. Espansione e conservazione, vita e morte. Ecco infatti che essa si erge in tutta la sua nudità. Il gesto originario è suo, e tutto ciò che d’ora in poi avverrà sarà un suo sviluppo, o una reazione ad esso. Io stesso mi sono mosso nel brivido scatenato da quella bellezza primigenia. Il fluire dei suoi capelli avvia lo scorrere del tempo, il suo sguardo illumina lo spazio e la floridità delle sue forme si mostra a me e alla stanza in tutta la sua bellezza, a cui non saprò rinunciare per i prossimi millenni.

 

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