di Federico Lucrezi
Mentre il relativismo culturale sfrenato imperversa, mentre omeopati, osteopati, antivax, e ciarlatani vari fanno proselitismo con successo, qualcuno dall’altra parte si pone una domanda.
Siamo in un gruppo Facebook frequentato da appassionati di scienza e cultura scientifica in generale. Tra le migliaia di iscritti non ci sono solo laureati, dottori e professionisti ovviamente, ma anche studenti, curiosi e semplici interessati. Quel che è certo è che nessuno tra gli iscritti si sognerebbe mai di ricorrere a trattamenti omeopatici o rifiuterebbe mai di far vaccinare il figlio. È un caldo pomeriggio primaverile quando qualcuno pone un interessante spunto di riflessione al gruppo.
Da studente di fisica, non posso fare a meno di notare che nelle discussioni sulla scienza (non su argomenti scientifici, ma sulla scienza in sé) viene spesso manifestata da coloro che vi partecipano una fiducia spropositata nella suddetta disciplina.
La scienza viene vista come un’attività per liberi pensatori privi di pregiudizi, e viene spesso contrapposta alla fede, presentata come una vuota superstizione per poveri scemi che hanno paura della vita.
Gran parte di coloro che esaltano la scienza non hanno competenze in merito, e la loro fiducia in tale disciplina non è assolutamente diversa dalla fede religiosa. Non sto dicendo che la scienza è una religione, ma solo che per molte persone i due concetti non sono poi tanto differenti…
L’obiezione è valida, la questione è interessante.
La fiducia nella scienza e nelle sue conquiste può coesistere con l’assenza di basi scientifiche solide? C’è più legittimità nella scelta di vaccinare un bambino da parte di un laureato in biologia rispetto all’identica scelta di un filologo? Una persona priva di competenze scientifiche che si affida alla chemioterapia con convinzione è sullo stesso piano di chi sceglie di curare un tumore con una dieta vegetariana avendo solo avuto più “fortuna” scegliendo di seguire ciecamente un medico anziché il blog del Beppe Grillo di turno?
Rispondere a queste domande in maniera affrettata e istintiva potrebbe portarci a credere che sì, la fede nella scienza senza una specifica laurea in tasca possa essere, appunto, fede. Al pari degli omeopati.
La questione però è leggermente diversa.
È tutta questione di rispettare le regole del gioco. Quelle stesse regole che il relativismo culturale che si sta facendo sempre più spazio nella nostra società sta andando a insidiare.
Il metodo scientifico rappresenta una delle più grandi conquiste dell’uomo. Sviluppo di una teoria, sperimentazione rigorosa, studio dei risultati e validazione o meno della teoria. Non c’è spazio per idee valide solo un piano teorico. Ma l’impostazione che Galileo ci ha regalato, le nostre regole del gioco, non è importante solo sul piano della ricerca pura, è determinante anche a livello sociale.
Proprio grazie a questa impostazione oggi è possibile essere specializzati in tutt’altro campo e non doversi preoccupare di conoscere la medicina in maniera approfondita: avere fede nella scienza non è un atto di fede gratuito, quasi religioso, al contrario è fiducia nel metodo scientifico quale grande conquista dell’uomo e, traslatamente, nell’affidabilità di tutto ciò che è stato validato con rigorosa sperimentazione.
Questo è il motivo per cui specialisti che promuovono sedicenti cure alternative sono estremamente pericolosi nei danni che potrebbero fare a chi, giustamente ripone in loro fiducia. Del resto relativizzare tutto questo, andare a porre sullo stesso piano procedure ampiamente validate e nuove metodologie più o meno naif è l’unico atto di fede. Una fede decisamente mal riposta.