Nelle culture e nelle religioni del mondo, non è raro che animali e piante assumano significati particolari diventando simboli di idee e concetti. Così è, ad esempio, per il serpente: nei miti Diegueño, una tribù di Pellerossa stanziata nella California del sud, questo animale appare in relazione al racconto della creazione e ai primi uomini, ma il suo ruolo appare più ampio di quello associabile ad un singolo popolo territorialmente limitato.
Presso i Diegueño si narra che dalla terra e l’acqua nacquero due figli: Chakopá, il maggiore, e Chakomát, il minore. Essi sollevarono l’acqua dalla terra affinché formasse il cielo. Quindi crearono il sole, la luna e le stelle: il più giovane fece un disco piatto con l’argilla e la scagliò in cielo prima a occidente, poi a meridione e a settentrione, ma tutte le volte egli scivolò e solo ad oriente riuscì a mandare il disco in cielo. Il fratello maggiore però vide che il disco procurava troppo calore e lo alzò per tre volte, finché non fu ad una giusta altezza; anche la luna fu issata al suo posto, ma essa invece procurava troppo freddo, così fu alzata tre volte, mentre dei pezzi di argilla furono sparsi nel cielo per diventare stelle. Poi fu la volta della creazione degli uomini, che, giacenti addormentati, ricevettero la vita. Questi uomini fecero una cerimonia e crearono un grande recinto con degli arbusti. Quindi mandarono un messaggero, perché il grande serpente Umaĺ-huhlyá-wit venisse dall’oceano: egli giunse, arrotolandosi all’interno del recinto, tuttavia non riuscì ad entrare con tutta la sua lunghezza. Solo il terzo mattino il serpente riuscì ad arrotolarsi in modo che il recinto potesse contenere tutto il suo corpo, e fu allora che gli uomini appiccarono il fuoco, bruciandolo: il suo corpo esplose e si sparse. Quel corpo racchiudeva tutta la conoscenza: i canti, i segreti magici, cerimonie, lingue e usanze. Essi si sparsero sulla terra e i popoli acquisirono lingue e costumi diversi.
Anche nella Bibbia la figura del serpente si associa agli avvenimenti dei primi uomini: la tradizione cristiano-giudaica tramanda infatti un’idea del serpente come origine del male e del peccato originale, di colui che spinse Adamo ed Eva a mangiare il frutto proibito dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, ponendo quindi fine a un’era felice e perfetta in cui non esisteva la morte, la malattia, la fatica e la vergogna.
I Diegueño e la Bibbia sono solo esempi: in molte culture è altrettanto presente questo passato remoto e mitico in cui tutte le cose conoscevano la libertà, in cui non vi erano responsabilità sociali e il cibo era abbondante. Ma poi questa fase finisce: diventa importante cacciare, coltivare, perché il cibo ottenuto in precedenza così facilmente sparisce e il mondo naturale diventa difficile da controllare. È una fase di transizione (dalla natura alla cultura) ed è rappresentata, in tutto il mondo, dalla figura del serpente. Il serpente infatti è colui che porta la nozione di cultura ed è associato a tutto ciò che essa implica: saggezza, vita, vulnerabilità alla morte e perdita dell’innocenza.
FONTI:
-John Bierhorst, Miti Pellerossa.
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