Il Tempio incompiuto

No, non si sta parlando di un tempio pagano di greca o romana provenienza, bensì di una Chiesa cristiana rinascimentale.

E’ il Tempio Malatestiano l’ambiziosa opera di cui vogliamo parlarvi in questo scritto. Come si sa, l’Italia rinascimentale era divisa in “staterelli” e signorie di varie dimensioni: i più famosi sono certamente quelli che hanno dato origine alle città più grandi e visitate d’Italia, ovvero la Repubblica di Venezia, il Ducato di Firenze (con i Medici che repentinamente venivano cacciati e riaccolti a seconda della loro popolarità), il Ducato di Milano e l’esteso e influente Stato della Chiesa. Proprio quest’ultimo nel periodo in questione conobbe un momento di frazionamento, nel quale la potente famiglia di un piccolo territorio compreso nella bassa Romagna e le Marche per un relativamente breve lasso di tempo diede origine a un’ulteriore, piccola signoria: si sta parlando dei Malatesta – o Malatesti – e della signoria di Rimini.

Vi abbiamo già parlato di loro in questo articolo, che parla del centro da cui sono arrivati e da cui hanno poi espanso tutto il loro potere. E se, quindi, i Medici avevano Lorenzo il Magnifico, Milano Francesco Sforza, gli Este di Ferrara Ercole I e i Montefeltro Federico II, anche i Malatesta conobbero un grande Signore, condottiero e mecenate: Sigismondo Pandolfo Malatesta. Che, tra le altre cose, fu rivale del signore di Urbino, il quale ne causò la caduta. Ma a questo arriveremo dopo.
Sigismondo, nato a Brescia nel 1417 – una bella iniziativa nel riminese è stata festeggiare il suo seicentesimo compleanno a metà di giugno –  aveva legami o di sangue o relazionali con ognuno dei signori citati, questo perché aveva combattuto nelle file di vari eserciti degli stati più potenti della Penisola, guadagnandoci lui in termini di prestigio e innalzando anche il potere della famiglia da cui proveniva. Ecco perché, all’alba della metà del XV secolo anche lui voleva operare sulla città su cui governava, rendendola architettonicamente e artisticamente al pari di quella dei suoi rivali e portandoci grandi artisti, tra i quali spiccava Leon Battista Alberti a cui commissionò il suo progetto più ambizioso: il Tempio Malatestiano.

Esso doveva essere un progetto di riqualificazione, perché nel luogo scelto da Sigismondo dove edificare la sua chiesa ne sorgeva giù una, ovvero la chiesa francescana di Santa Maria in Trivio (trivio perché tre vie convergevano sul punto in cui sorgeva). La cosa che rende ancora più interessante il Duomo riminese è che a differenza di altri progetti che videro abbattere le precedenti basiliche per far spazio alle più grandi e maestose volte a sostituirle, è che si decise di non abbattere il precedente edificio, ma di inglobarlo: quello nuovo, cioè, gli avrebbe fatto da involucro, un bianco guscio in pietra d’Istria. E questo lo si può notare molto bene nelle fiancate laterali esterne della costruzione, perché tra le varie arcate si vedono le finestre e la muratura della vecchia basilica che non sono perfettamente centrate negli spazi, ma appaiono spostate o a destra o a sinistra. Una soluzione molto intelligente, che l’architetto e il condottiero vollero adottare sia perché la pianta della Chiesa forniva già un’ottima base sia, soprattutto, per risparmio economico.

Tuttavia, il tempio, la cui realizzazione iniziò nel 1447, non fu mai terminato. Chiunque lo veda – dalle nostre foto o soprattutto nella realtà – si accorgerà che molti elementi sono iniziati e non dovevano essere certo lasciati così; mancano gli absidi, la grande cupola, e la parte superiore della facciata principale. Nella foto, infatti, si può osservare uno schizzo di come il progetto avrebbe dovuto terminare (progetto che gli storici sono riusciti a costruire grazie ai ritrovamenti delle monete del tempo) e di come, invece, è attualmente. Come mai? Semplicemente, la fortuna di Sigismondo cessò. Le numerose guerre da lui intraprese con l’obiettivo di aumentare la ricchezza cittadina, si rivelarono fallimentari e i territori conquistati (si spinse addirittura fino a Senigallia, nella profonda Marca) gli vennero sempre meno a causa del suo più grande rivale – col quale era imparentato alla lontana – ovvero Federico II di Montefeltro, signore di Urbino. Il signore urbinate ebbe l’incarico di contrastare il riminese proprio da Papa Pio II, preoccupato che Sigismondo potesse acquisire troppo potere e che per disobbedienza e insubordinazione lo avrebbe anche scomunicato. Perdendo man mano ogni alleanza (in precedenza aveva già rotto con Milano e Napoli), il signore di Rimini rimase privo di qualsiasi sostegno militare e nel 1463 l’esercito papale ridusse il territorio malatestiano alla sola Rimini. Sigismondo morì qualche anno dopo, nel 1468 lasciando incompiuto sia il Tempio sia la sua residenza, Castel Sismondo.

Il Tempio Malatestiano è frutto di un classicismo cui ogni signore rinascimentale faceva culto e sfoggio. L’opera non è ispirata, come si potrebbe pensare per la forma, a un tempio greco, ma al vicino e imponente Arco d’Augusto che forniva anche nel medioevo da principale porta d’accesso alla città. Sono di quella ispirazione praticamente tutti gli elementi delle facciate esterne, in particolar modo gli archi a tutto sesto chiusi della facciata principale e quelli aperti e profondi delle due parti laterali, che ospitano diverse tombe. Ma anche i vari elementi circolari e le semicolonne a capitello corinzio, sempre sulla facciata principale.

Per la sua posizione strategica lungo il confine sulla linea gotica tra Repubblica di Salò e Regno d’Italia, Rimini fu tra le città più bombardate durante la seconda guerra mondiale, e tutto il suo patrimonio artistico divenne un cumulo di macerie. Fortunatamente, a parte Teatro Galli – la cui ricostruzione è iniziata solo nel 2016 – ogni cosa venne ricostruita com’era dov’era e il sogno incompiuto di Sigismondo Pandolfo Malatesta non venne escluso.

FONTI:

  • Il Cricco di Teodoro, Zanichelli;
  • Lezione cui l’autore ha partecipato;
  • www.rimini-it.it

IMMAGINI: Pinterest

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