La storia dell’Uomo è fatta di scoperte, di evoluzione, di conquiste, guerre e, soprattutto, di arte. Sì, perché per ognuna delle cose appena elencate l’arte ne ha fatto da portavoce, da manifesto, da linguaggio universale che lasciasse una testimonianza visiva e letteraria di ogni minimo passo, strage ed errore compiuto dall’essere umano.
Basti pensare a quando e come è nata e si è sviluppata questa disciplina propria e indispensabile per noi. Infatti, le prime forme d’arte sono le pitture rupestri che i nostri primitivi antenati hanno lasciato nelle caverne d’Europa e d’Africa, realizzate in maniera molto rustica e semplice con colori naturali. E sono splendide proprio per questo.
Mai arte fu più utilitaristica: a cosa servivano, infatti, questi disegni lasciati sui muri? Erano dei racconti. Racconti di giornate di caccia particolarmente proficue; racconti di stragi in cui le bestie feroci avevano ucciso uno o più membri del “branco”; racconti di nascita e di abbondanza. Storie, insomma, che raccontassero ai più giovani della tribù, o addirittura ad altri gruppi, che cosa gli uomini di quella grande famiglia avessero fatto e ottenuto.
L’arte medievale, pur non conoscendo ancora i graffiti degli antichi, ha dimostrato come all’uomo l’Arte serva proprio a questo, a far capire messaggi laddove le parole e la scrittura non possano essere raggiunte dai più. La Chiesa nel corso della sua storia si è servita molto di questo colorato strumento per trasmettere – con sua interpretazione – i messaggi del Vangelo o della Bibbia. Perché? Semplice, perché la maggior parte dei fedeli non sapevano né leggere né scrivere. Tutti gli affreschi sui muri interni degli edifici religiosi raccontano un passo delle Sacre Scritture, e così fanno anche i basso rilievi sulle facciate, realizzati con la massima cura e commissionati ai migliori artigiani in circolazione (e d’altronde, soltanto il Vaticano aveva così tanti soldi per commissionare opere così grandiose in quei preziosi materiali).
Già, si trattava proprio di artigiani con lunghi e faticosi anni di apprendimento. Non è un caso che in greco Arte si dica techné, da cui deriva “tecnica” e che in latino il sostantivo Ars, Artis – dal quale deriva il nostro “arte” – significhi mestiere. Perché dai primitivi fino a pochi secoli fa, l’Artista era anche artigiano e autore materiale delle sue opere. Oggi sappiamo che non è così, ma ci arriveremo.
Si è appena parlato di greci e romani e, perciò, viene spontaneo chiedersi se anche per i classici l’Arte avesse la funzione di cui si è appena parlato. In parte sì, perché è oggettivo che le statue dei frontoni dei loro templi marmorei riportassero vicende e miti della loro variopinta e buffa religione; ma è anche vero che greci e romani avevano una visione molto più materiale della religione ed erano molto spirituali. I greci – e poi i Romani dopo la conquista della Grecia – erano ossessionati dal culto della bellezza, e quella volevano rappresentare, spesso identificata con la divinità. Forme perfette, simmetriche, impeccabili: sono queste le sculture della Grecia classica ed Ellenistica, volta a eliminare ogni terrena imperfezione rappresentando con la pietra solo i pregi del fisico umano.
Con la riscoperta delle scritture greco-romane, anche l’Arte tardo medievale, poi sfociata in quella rinascimentale, ha preso questa importante svolta puramente estetica, abbandonando nel corso del tempo fino al culmine con il Neoclassicismo settecentesco la funzione narrativa che la pittura aveva fino a quel momento. Infatti se prima la scultura era stata pressoché abbandonata, prediligendo l’Architettura che aveva dato origine al meraviglioso stile gotico, col ritorno delle letture antiche si ha anche un ritorno alla creazione di statue, la cui realizzazione aveva determinate e precise regole derivate proprio dalla classicità. Dal David di Michelangelo, che rappresenta ancora un personaggio della mitologia ebreo-cristiana, alle sculture della Fontana del Nettuno di Bernini o ad Amore e Psiche di Canova, le quali invece rappresentano temi della mitologia classica, l’Arte è tornata ad avere mera funzione estetica e dilettevole. Du Bos, Kant, Diderot e altri filosofi dal seicento all’ottocento avevano proprio definito le regole dell’Arte, che seguendo i modelli di Atene e Roma non doveva avere nessuno scopo se non quello di pura rappresentazione, secondo determinate regole che determinassero il buon gusto. Per capirci meglio: Kant non avrebbe considerato il design una forma d’arte perché esso produce qualcosa che serve per essere usato.
Dal Romanticismo in poi, invece, l’Arte cessa di avere una superficiale funzione estetica, divenendo rappresentazione del sentimento e del turbamento umano. Proprio Caspar David Friedrich con il suo Viandante su un mare di nebbia rappresenta un tema tipico del romanticismo, ovvero la grandezza della Natura in confronto all’Uomo piccolo che contro di essa non può nulla. Ma anche l’Impressionismo rinuncia alla funzione estetica, nascendo proprio come protesta e contrasto alle regole accademiche che venivano imposte e stravolgendo la prospettiva, le proporzioni e il modo di stesura del colore che le Accademie all’epoca imponevano. Ma c’è di più: gli impressionisti arrivarono ad usare come modelle delle prostitute, fatto inaccettabile per la società borghese così attaccata ai suoi perfetti valori.
Nel corso del Novecento l’artista si rende sempre più introspettivo, e conoscendo il secolo non poteva essere altrimenti. Un secolo con due strade parallele ma anche perpendicolari, con sempre maggiori e precise scoperte scientifiche e tecnologiche che se da un lato servivano a migliorare la vita della popolazione, dall’altro furono usate per dar vita alle peggiori guerre e della storia dell’uomo. L’artista novecentesco, inoltre, conosce le nuove dittature in Paesi da cui spesso è costretto a fuggire per i contenuti delle sue opere. Picasso, Chagall e tanti altri con un Arte sempre più visivamente complessa e scomposta, certamente all’opposto del Neoclassicismo, volevano rappresentare il dramma interno ed esterno dell’artista, mostrando le sofferenze cui era sottoposto da una società in un’evoluzione troppo rapida perché potesse portare il benessere desiderato.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’Arte ha conosciuto una scissione. Divenuta troppo simbolica con l’Informale in Europa e l’Espressionismo Astratto negli Stati Uniti, e quindi incomprensibile ai più, molti artisti hanno creato un Arte che rispecchiasse la nuova modernità e il nuovo “Impero” degli Stati Uniti: nasceva così la Pop Art, che rappresentava i prodotti del consumismo e la pochezza e superficialità di una civiltà proiettata verso il guadagno, i soldi, la ricchezza e la falsa illusione che ogni individuo fosse unico e speciale. Più colorata, comprensibile, e dalle forme familiari, la Pop Art col suo Dio dal nome Andy Warhol stracciò i due movimenti contemporanei, e da quel momento la cosiddetta Arte d’Avanguardia divenne qualcosa di nicchia, riservato e comprensibile a pochi, che si evolveva verso opere monocromatiche, geometriche, tridimensionali e insomma sempre più inarrivabili.
Ma oggi, che cos’è l’Arte? Certamente ha preso una piega diversa. Oggi per mandare determinati messaggi una volta portati da quadri o sculture si preferisce usare i nuovi mezzi di comunicazione, soprattutto il cinema e la musica e sempre di più la fotografia – quest’ultima, vera erede e nuova arte figurativa – che dal secondo dopoguerra si sono imposti diventando Arte di e per tutti, portatrice di messaggi spesso importanti e polemici. L’Arte figurativa di oggi è un mondo costoso, fatto per ricchi, spesso oggettivamente brutto e privo di senso. L’Artista di oggi non è nemmeno più artigiano, ma commissiona le sue idee a persone altamente specializzate in un determinato settore; l’artista oggi ha provato a rendere Arte qualsiasi cosa, anche tappi delle bottiglie ed è per questo che la “massa” se ne è allontanata e l’artista mai come in altre epoche oggi venga additato come cialtrone o fannullone. Questa è senza dubbio una visione superficiale e sbagliata, bisognerebbe imparare ad andare a fondo nelle cose, perché l’Arte di oggi richiede una grossa riflessione e un grosso sforzo mentale che i più non sono disposti a compiere. Ma è certamente vero che l’Artista di oggi spesso si ritenga un dio sceso in terra, e lui stesso voglia costruirsi un ambiente isolato sentendosi superiore e lontano dagli altri.
Sono visioni forse un po’ estreme. Ma la domanda rimane: secondo voi che cos’è e cosa rappresenta l’Arte?
FONTI: Riflessione dell’Autore
IMMAGINI: Pinterest
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