A circa dieci minuti a piedi dalla fermata Porta Venezia della metro rossa di Milano, Corso Venezia , Via Cappuccini, Via Vivaio e Via Mozart formano un quadrato di meraviglie liberty. Oggi mi vorrei soffermare sul meno conosciuto tra questi: Palazzo Berri Meregalli.
Supponiamo di immergerci in una Milano primaverile quando il sole, ancora sopportabile, rende le passeggiate più piacevoli. La meta della giornata è Villa Necchi Campiglio, uno dei palazzi liberty appartenenti al FAI. Per recarvisi, consiglio di iniziare da porta Venezia, anche a costo di prolungare il tragitto. Inutile dirvi di camminare a testa alta così da ammirare il parco e i magnifici palazzi storici che decorano il corso. Arrivati all’altezza di via Gabrio Serbelloni, addentratevi e dopo pochi passi sbucherete in via Cappuccini. Ora, dimenticate il caos milanese e tornate bambini, sentite il fanciullino che è in voi direbbe Pascoli. Cogliete ogni piccolo dettaglio e sbirciate all’interno di tutti gli edifici sul lato sinistro. Presso Palazzo Invernizzi, una dolce sorpresa balenerà ai vostri occhi, una chiazza rosa, dapprima indistinguibile, pian piano, come in un sogno, si farà più nitida delineando la conformazione dei fenicotteri. Chi avrebbe mai pensato che quell’animale dal colore così insolito potesse trovarsi anche a Milano?
Immortalata nel cuore quell’immagine così insolita, proseguite perché è solo l’inizio di una serie di meraviglie. Proprio nel punto in cui via Cappuccini converge in via Vivaio alzate lo sguardo, si paleserà davanti a voi Palazzo Berri Meregalli. Difficile a capirsi a prima vista, un insieme di stili che producono un senso di straniamento nell’osservatore. C’è chi potrebbe definirlo liberty, colpito dai ferri battuti ideati da Angelo Mazzucotelli e dalle statue che ritraggono animali. Altri, invece, colpiti dalla monumentalità del palazzo potrebbero definirlo romanico, altri bizantino per i mosaici, neogotico per il bugnato ruvido e per lo sviluppo verticale o ancora barocco per l’abbondanza di dettagli decorativi. Chi di loro avrebbe ragione ? Tutti e nessuno. Ebbene sì, perché si tratta di uno dei palazzi più eclettici di Milano, costruito dall’architetto piacentino, Giulio Ulisse Arata tra il 1911 e 1913, con la quale concluse la parentesi di liberty con tre case Berri Meregalli e la casa Falsari del 1910 all’angolo tra via Settembrini 11 e via Boshovic 28,30,32.
Alla scoperta del Palazzo Berri Meregalli …
Analizzando la parte esterna: entrambe le facciate si sviluppano nello stesso modo. Dopo un piano terra più rustico, caratterizzato da un bugnato in finta pietra sbozzata, intervallato da aperture decorate con barre di ferro battuto, le superfici si fanno sempre più leggere.
Il secondo e il terzo piano sono intervallati da paraste leggermente incurvate e rivestite in mattoni a vista che nascono all’estremità di balconcini in bugnato e terminano con un capitello che funge da base di appoggio per le sculture di puttini che formano una sorta di fregio in movimento.
Palazzo Berri Meregalli culmina con balconcini che delineano lo spazio tra una parasta e l’altra, dove nei due piani sottostanti si trovano mosaici colorati, che inquadrano le finestre.
L’interno del Palazzo continua miscelando diversi stili: la semplicità del mattone si contrappone allo sfarzo dei mosaici che decorano il pavimento, le colonne e i soffitti. Di fronte a voi, ora si trova una statua liberty- simbolista eseguita tra la fine del 1918 e gli inizi del 1919 da Adolfo Wildt. Per illustrare quest’opera che ha il nome di Vittoria lascio la parola a due critiche dell’arte
Elena Pontiggia:
“La Vittoria venne rappresentata da Wildt non come celebrazione trionfale, ma come dramma, come grido di esultanza che è insieme grido di dolore: così Wildt, subito dopo la fine della guerra, rappresenta il tema millenario della Nike. Anziché identificarla con una creatura alata, secondo l’iconografia classica, la identifica solo con un volto e un’ala senza corpo, a simboleggiarne la dimensione spirituale, tutta risolta nella spinta ideale e nel grido. (…)Parte integrante della scultura è anche l’asta cilindrica, circondata da una corona di fiamme e alzata su un’ara cubica. Wildt introduce qui, per la prima volta, un elemento totalmente “astratto” e antirealistico, la lunga asta verticale, che ritornerà in declinazioni diverse (stelo, pilastro, linea) nelle opere successive”
Margherita Sarfatti :
“E ci ha dato egli, oggi, la realtà di un sogno: la Vittoria. La sua Vittoria; la nostra; la Vittoria d’Italia. Egli ha rinnovato, modernamente, e con una vera e definitiva opera d’arte, l’abusato simbolo della Divinità immortale. Non ha corpo, la sua Vittoria: è fulminea come il pensiero, lanciata in avanti, solo impeto aguzzo e solo ala impennata: prora di nave e fusoliera di aeroplano. Ha lo scheletro stilizzato e glorificato di uno dei nostri piccoli Nieuport da caccia, vertebrato per tendere e per salire formidabile e lieve la creatura incorporea si libra sopra un esile stelo rotondo. Ardono a piè dello stelo lingue di fiamma: e avvampano, su per lo stelo, in vertigine di sacrificio, i nomi delle nostre vittorie dalla dichiarazione di guerra, quando si ruppero i cauti ormeggi alla nave grande che ha nome Italia, su per il Calvario del Carso e dell’Isonzo, sino alla stazione ove bevemmo a piene labbra in coppa di fiele dell’onta e del riscatto – Caporetto – sino alla data dell’armistizio, che suono perdizione e sfacelo all’Austria”.
Dopo aver colto ogni minimo dettaglio del Palazzo, il quale essendo un abitazione, non è visitabile ai piani superiori, prima di recarvi finalmente a Villa Necchi Campiglio, vi chiedo di porvi un domanda. Palazzo Berri Meregalli è un capolavoro ottenuto dalla genialità di utilizzare insieme più stili o un pacchiano tentativo di ostentazione decorativa? A voi la risposta!
Fonti :
sito :Milano Liberty, Palazzo Berri Meregalli
sito : LombardiaBeniCulturali
foto: pinterest