Il 20 maggio 2017, presso la St. Mark’s Church di Englefield, Inghilterra, si è celebrato il tanto atteso matrimonio tra Pippa Middleton e James Matthews.
Il matrimonio di Pippa, con invitati selezionati e decisamente meno plateale di quello della sorella, ha stupito tutti. Dai vip presenti alla cerimonia al menù, dalle macchine d’epoca ai capricci del piccolo George: ogni dettaglio nuziale è sembrato studiato per far parlare i migliori tabloid dell’ evento per intere settimane. Pippa è entrata in chiesa in un abito di pizzo firmato Giles Deacon, con il capo velato e accompagnata dal padre, come ogni sposa tradizionale. Ad essere fuori dal comune è stato però il budget stanziato per le nozze: 250.000 sterline, un costo pari a quello dell’ anello di fidanzamento, costato al povero (si fa per dire) James ben 200.000 sterline, corrispondenti a più di 240.000 mila euro.
Un matrimonio del genere somiglia a quelli che si vedono nelle favole, quei matrimoni in cui i due amanti si promettono di vivere per sempre “felici e contenti”. Insomma, l’ unione amorosa che sognano tutti. O per lo meno che si sognava fino a qualche anno fa. Nonostante infatti i dati Istat testimonino che nel 2016 ci sia stato un aumento di matrimoni, la percezione comune è che il matrimonio sia sempre di più un’ alternativa di scarso appeal e questo stride con l’etimologia e il significato che il rito matrimoniale ha avuto sin dalle sue origini.
Secondo la definizione Treccani, il matrimonio è
“un’unione fisica, morale e legale dell’uomo (marito) e della donna (moglie) in completa comunità di vita, al fine di fondare la famiglia e perpetuare la specie.“
Pensare che un uomo e una donna debbano unirsi affinché la loro progenie sia legittima è un concetto che esiste da sempre in tutte le culture e religioni. Infatti il matrimonio, purtroppo o per fortuna, è uno dei pilastri fondanti della cultura occidentale, ma non solo!
Nell’ antico Egitto, il matrimonio soleva essere un’unione monogama (o almeno, così era per tutti quelli appartenenti ai ceti medi o bassi. Per i ricchi e per il re, era un’ altra storia); mentre in Mesopotamia, il matrimonio non era altro che una compravendita sancita da un contratto scritto. Anche in Cina e in Giappone il matrimonio era una pratica commerciale, con la differenza che i genitori potevano far sposare i propri figli anche da ragazzini e che al marito era permesso il concubinato e il divorzio.
Anche in Grecia al marito era permesso avere concubine purché non le conducesse a casa. In linea generale, il rito matrimoniale era molto importante per i greci. Le nozze si celebravano in giorni propizi, per lo più in inverno. Nell’età omerica, il matrimonio era celebrato nella casa dello sposo con un grande e maestoso banchetto. Ad Atene invece, la festa era offerta dal padre della sposa che accompagnava poi, insieme ad un corteo, sua figlia presso la dimora dello sposo. Dopo i riti preparatori, il padre della sposa offriva un festino, al termine del quale essa era condotta in corteo alla casa del marito. Nel mondo antico, il ratto, e cioè il rapimento di una fanciulla con lo scopo di maritarla, era in uso solo a Sparta e veniva attuato secondo gli accordi precedentemente presi tra il futuro sposo e il padre della ragazza. Amore, sontuosi banchetti e celebrazioni erano assenti poiché il solo scopo del matrimonio era la procreazione di figli legittimi.
Un matrimonio più vicino ad un’ unione eguale tra le parti si ha nell’antica Roma, in cui il matrimonio doveva essere voluto da entrambi. Requisiti fondamentali erano infatti la volontà di rimanersi accanto sia nel senso più romantico del termine, che a livello pratico condividendo una stessa abitazione. Più a nord, grazie al matrimonio, la donna celtica acquisiva un ruolo di rilievo nella società. Ruolo inesistente appena superata la Manica, nelle isole britanniche, dove la donna sposata era proprietà dell’ uomo.
Per quanto riguarda il matrimonio come istituzione religiosa, presso l’ ebraismo era, e lo è ancora, un rito di vitale importanza in cui due individui di sesso opposto si uniscono al fine di conservare il popolo e creare una famiglia. Il matrimonio cristiano invece venne definito con il Concilio di Trento, in particolare con la promulgazione della dottrina generale dei sacramenti per cui un matrimonio è valido solo se celebrato da un sacerdote e alla presenza di due testimoni. In epoca moderna, lo Stato si disinteressò a lungo della pratica matrimoniale, delegandola alle istituzioni religiose. Nel 1580 il matrimonio civile viene introdotto per la prima volta nei Paesi Bassi, ma è con la Rivoluzione Francese che il matrimonio solidifica la sua natura contrattualistica, diventando agli occhi dello stato nient’altro che un patto stretto era due individui davanti all’ ufficiale di Stato civile.
Il matrimonio come istituzione che non conosce confini né di tempo né di spazio, come una forma che è andata a mutare secondo le regole sociali e culturali di ogni paese. Come può allora un’ istituzione così solida entrare in crisi non solo in Italia ma in tutto il mondo? Le cause della crisi sono molteplici eppure quelle che risaltano sono due.
Una nuova concezione
Il matrimonio viene ormai inteso non più come un impegno a prendersi cura dell’ altro “ finché morte non ci separi” ma come un giogo che impedisce di coltivare la propria persona e la propria individualità. In nome poi, di una libertà sui generis, molti giovani d’oggi tendono a non includere il matrimonio nei loro piani di vita in quanto non credono che rinunciare agli svaghi ne valga la pena.
“Ok, è tosta, però se Miranda fosse un uomo nessuno la vedrebbe come la vedono. Parlerebbero solo di quanto è in gamba nel suo lavoro.”
(Andrea Sachs ne Il Diavolo veste Prada).
Non tutte le donne nascono mamme. Non tutte le donne nascono mogli. Uno spunto interessante a questa riflessione lo ha fornito l’ articolo di Laura Penny pubblicato su Internazionale.it, articolo in cui la giornalista racconta il senso di ineguatezza, suo e di molte altre donne, provocato dal fatto di non desiderare di mettere su famiglia.
“Sono felice che il mio lavoro, la mia attività politica, la mia comunità e i miei libri siano importanti quanto le persone con cui esco. Mi piacciono i bambini, ma non abbastanza da accollarmi il lavoro, il dolore, la preoccupazione e la perdita di opportunità che comportano. Non adesso, e forse mai.”
Alcune donne sono destinate e predisposte a qualcosa di diverso dalla vita coniugale. Vivendo, esse decidono di non mettere il matrimonio tra le loro priorità e di concentrarsi su altri aspetti della vita, il più delle volte sul lavoro. Così come lo pensano le donne anche gli uomini. L’unica differenza è che gli uomini, anche in questo, hanno più libertà. Se una donna non è perennemente in cerca dell’anima gemella è perché non è abbastanza affascinante da avere un marito. Se sceglie di non avere figli è perché non è in grado. Se si dedica anima e corpo al lavoro è considerata una stacanovista acida, un po’ come Miranda Prisley ne “Il diavolo veste Prada”.
“Ho fatto la stessa scelta che gli uomini della mia età hanno potuto fare per secoli senza essere criticati dalla società o costretti a rifletterci attentamente.”
Laura Penny sottolinea che “La liberazione delle donne dal lavoro domestico ed emozionale obbligatorio è una prospettiva di libertà che le generazioni passate potevano solo immaginare. Dobbiamo assolutamente prenderla sul serio.”
Ci sono inoltre motivi più pratici per mettere in discussione la necessità e la rilevanza del matrimonio. Un matrimonio di base non è nient’altro che un patto, davanti a Dio o davanti allo Stato che sia; e, come ogni patto, comporta impegno. Impegno che di questi tempi sembra essere sinonimo di sacrifici e rinuncia. Magari questo è un fallimento, magari no. Considerare il matrimonio un’alternativa e non l’unica scelta è per molti segno di evoluzionismo. Forse però quei motivi insindacabili che fanno dubitare sul prendere in sposo/a qualcuno sono solo scuse. C’è chi dice che trovata la persona giusta il matrimonio venga da se, e chi invece crede ci sia un’età in cui si è maturi abbastanza per affrontare il grande passo.
Si vocifera che Pippa Middleton abbia a lungo esitato sulla scelta dell’abito per il grande giorno, ritardando così il “tran tran” dei preparativi. Viene da pensare quindi che il punto della questione sia tutto qui. Potrebbe darsi che in fondo sposarsi oppure no sia solo una questione di… vestito. Una volta trovato infatti quello giusto, quello che ti fa pensare “come sarebbe se”, il gioco è fatto.
Fonti:
www.treccani.it , www.scuola.repubblica.it, internazionale.it