“Fedra” – tragedia di Lucio Anneo Seneca – racconta la storia dell’omonima protagonista, sposa di Teseo, che si innamora perdutamente del figliastro Ippolito. Questo amore nefando – non ricambiato da Ippolito – viene scoperto dalla nutrice, figura centrale dell’opera che, dopo aver tentato di persuadere Fedra a non abbandonarsi alla passione ricoprendo così un ruolo da antagonista, decide di assecondarla dopo i vari tentativi di suicidio. Fedra rivelerà il suo amore segreto a Ippolito, il quale preferirà fuggire piuttosto che abbandonarsi a lei. Al ritorno, Teseo sarà circuito dalle false confessioni della moglie, la quale, volendosi vendicare del rifiuto ricevuto, racconterà di essere stata vittima degli abusi di Ippolito. Teseo invoca così una maledizione sul figlio che muore bruscamente poco dopo. Dopo che il cadavere di Ippolito viene ritrovato e portato presso il padre, Fedra confesserà il delitto al marito e si suiciderà.
Il tema fondamentale dell’opera – l’amore non corrisposto della protagonista – sarà il nucleo centrale di un’altra tragedia di Seneca, Medea. Fedra è il campo di battaglia in cui si scontrano passione e ragione, sentimento e razionalità, ma ogni tentativo cade di fronte a questo amore irresistibile. Tutto il dialogo iniziale tra Fedra e la nutrice rappresenta questa lotta. Alla volontà di resistere espressa dalla nutrice si oppone una situazione di impotenza di fronte alla passione.
Seneca riprende la tragedia da Euripide ma inserisce delle differenze radicali con il modello. In Seneca, l’attenzione è focalizzata sulla protagonista femminile in modo da rendere possibile l’analisi del comportamento umano, lasciando da parte l’aspetto divino. Questo comporta la mancata devozione di Ippolito per la dea Diana e subentra il ribrezzo per il genere femminile.
Seneca vuole trasmettere al lettore il rifiuto di ogni eccesso in favore di un equilibrio virtuoso.
Per quanto riguarda l’aspetto divino, si possono scorgere due posizioni radicali: da una parte Fedra accusa Cupido di essere il responsabile della sua passione travolgente e si sente abbandonata dagli dei poiché non le estrapolano il dolore che la sta consumando, dalla parte opposta la nutrice occupa una posizione più razionalista. Teseo occupa una posizione singolare riguardo al rapporto con gli dei, ricollegandosi ad una fortuna devastatrice.
Il coro, a differenza del modello greco, non ricopre un ruolo di protagonista, ma ha una funzione marginale in cui talvolta dialoga con gli stessi personaggi per concludere una scena e introdurre la seguente.
I critici si dividono tra coloro che ritengono le tragedie di Seneca finalizzate alla scena e coloro che pensano siano destinate alla recitatio – lettura ad alta voce. In questo secondo caso, le tragedie di Seneca acquistano maggior valore e una connotazione decisamente positiva.
Le tragedie senecane, nonostante gli anni trascorsi, circolano ancora in molte case, il che dimostra quanto possano essere eterne le vere opere d’arte.
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