Il 26 maggio 2017 è stato pubblicato “Album”, disco di debutto del rapper italiano Ghali. La storia la conoscete già: nato a Milano da genitori tunisini, cresciuto a Baggio, periferia milanese, Ghali è attualmente uno dei nomi di punta della scena trap meneghina.
Il 4 giugno, Repubblica ha pubblicato un’intervista fatta al rapper ventiquattrenne dallo scrittore napoletano Roberto Saviano, che l’ha poi condivisa sulla sua pagina Facebook. Nonostante non siano mancate le reazioni positive, il popolo dell’internet è pur sempre il popolo dell’internet, e nemmeno le critiche si sono fatte attendere. Critiche che possiamo riassumere tutte in un’unica frase: Saviano “paladino dell’immigrazione”, che con il suo “finto buonismo” ha stancato, eleva a idolo del popolo l’autore di “canzoni in cui si parla solo di droga e stronzate”.
Molti hanno inoltre sottolineato come l’intervista sia stata pubblicata (strategicamente?) il giorno seguente all’attentato di Londra, e circa due settimane dopo quello di Manchester. Come ha ribadito sia in alcuni dei suoi pezzi sia nella sua recente intervista, Ghali non intende parlare di politica. Allo stesso tempo è consapevole del fatto che la sua musica contenga un messaggio politico, per quanto implicito. Vista la sua storia personale ed il contesto attuale, è pressoché inevitabile che questo accada.
È ragionevole pensare che sia inoltre consapevole di essere un simbolo, il simbolo di tutti i “nuovi” italiani, nati e cresciuti nel nostro paese da persone venute da lontano. Ghali è anche il simbolo di tutti i “nuovi” milanesi, nati e cresciuti a Milano da persone venute da lontano – ma non necessariamente da altri paesi.
Con i suoi 1 368 590 abitanti, Milano è la seconda città più popolosa d’Italia. L’area metropolitana di Milano, con i suoi 7 500 000 abitanti è una delle più popolose d’Europa. Circa il 14% di loro ha origini straniere. Fra gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, la Lombardia è stata inoltre una delle regioni italiane maggiormente coinvolte nella migrazione interna dal Sud al Nord Italia, e si stima che ad oggi circa il 40% della popolazione di questa regione abbia origini meridionali.
I bauscia e i giargiana costituiscono quindi solo il 50% della popolazione milanese.
E gli altri? Tutti negher e terun.
Quando Ghali canta, lo fa in arabo, in francese e – ovviamente – in italiano. Anzi, non semplicemente in italiano: in italiano con l’accento delle periferie milanesi. Quell’accento abbastanza simile a quello milanese per essere scambiati per veri milanesi da chi non lo è, ma abbastanza diverso da essere sgamati subito dai veri milanesi.
E forse è vero, questo è buonismo, questa è strumentalizzazione. Però quello di cui Ghali canta è davvero la storia di molti di noi. Degli extracomunitari di seconda generazione e dei “terroni” di terza generazione. È la storia della nostra città.
Ghali parla di immigrazione e parla di periferie. Parla di droga e parla di cose banali.
Perché la musica non è una cosa seria. Ma a volte fra una banalità e l’altra qualcosa di serio c’è.