L’arte Chola dell’India del Sud

La dinastia Chola soppianta, fra la metà del IX secolo e il XIII secolo, quella Pallava, sebbene il suo nome sia già presente in alcune iscrizione del III secolo a. C. Essi pongono la loro capitale a Tanjavur vicino al corso del fiume Kaveri nel sud dell’india e, in giro di pochi secoli, conquistano la zona del Deccan andando a conquistare anche territori oltremare.

E’ interessante studiare quest, non solo dal punto di vista espansionistico, ma anche, per l’aspetto artistico, infatti, proprio durante questa dinastia, l’arte dell’India meridionale raggiunge l’apice sia nel contesto templare sia in quello statuario.

La prima fase, sotto il sovrano Aditya e il suo successore, dell’architettura di questa dinastia prevede edifici in pietra e templi costituiti da un mandapa (padiglione) e una cella che grazie alla sua elevazione (shikara) viene definita vimana.

Durante il 941-1006 a.C, vi sono diversi edifici patrocinati dalla regina Sembiyan Mahadevi. La Regina, non solo si dedica alla costruzione di nuovi edifici, ma dà il via ad una serie di ricostruzioni in pietra di edifici che, precedentemente, erano costruiti in mattoni, permettendoci di ammirarli ancora oggi.

Il nipote della regina Sembyan Mahadevi, Rajaraja il re dei re (985-1014) fu colui che espanse il territorio a nord,  a discapito di quello della dinastia dei Chalukya. A Sud, arrivando fino allo Sri Lanka e alle Maldive. per celebrare tale potenza, Rajaraja fece costruire nella capitale Tanjavur il tempio di Brihadishvara ovvero del Grande signore, Shiva ossia il dio induista più particolare della teologia dell’induismo. Il più temibile e, allo stesso tempo, il più meditativo tra le divinità, uomo e donna insieme, potente e amante degli animali (pashupati ovvero signore degli animali.

Il tempio di Brihadishvara si colloca in un cortile circondato da un prakara (muro di cinta) di 241 x 121 metri. Si accede all’area sacra attraverso due gopura (portali) rispettivamente di cinque e tre livelli. Il primo mandapa il padiglione che si incontra è quello del vahana (veicolo, ossia animale che accompagna una divinità) di Shiva, il toro Nandin. Oggi possiamo vederne una ricostruzione successiva. Attraverso una scalinata si accede ad un altro mandapa, costituito da una sala minore, ardhamandapa e quindi un grande padiglione, entrambe colonnati. Il vimana è costruito su due piani, al centro di ognuno dei quali si trova una finestra. L’esterno è decorato con statue di Shiva stante non particolarmente dinamiche. La sovrastruttura della cella, che ospitava un linga colossale, è costituita da 14 tala (piani) che culminavano un tempo con uno stupi (pietra) dorata. Si noti come le dimensioni più modeste della prima fase di Adytia qui siano dilatate ai massimi livelli.

La Linga è una pietra a forma fallica, la forma trascendente di Shiva. Il termine significa «segno» ed è proprio quello dell’identità sessuale del dio e quello della presenza del dio nella cella. Il suo fusto è infisso in un basamento che è considerata la vulva della dea consorte.

Sotto il dominio di Rajendra (1014-1044), figlio di Rajaraja, l’arte Chola raggiunge la massima gloria. Come esempio di ciò vi è il tempio di Gangakondacholapuram, nuova capitale della dinastia,  a circa 65 km a nord da Tajavur.

Comunemente chiamato Brihadishvara, ha una struttura molto simile al precedente essendo stato preso come modello. Esso si presente meno simmetrico, ha una sola prakara (muro di cinta) e un solo gopura (portale). Presenta un solo grande madapa e la cella misura 50 metri. All’interno  è contenuto la statua della linga più grande di tutta l’india meridionale (misura 4 metri). Dal punto di vista scultoreo presenta rilievi imponenti di guardiani agli ingressi laterali e, accanto ad essi, si trovano le più belle raffigurazioni divine di tutta l’iconografia di questo tempio. Sebbene le sculture siano state create dagli stessi artigiani di Tanjavur, qui sono più varie.

Tra il 1146-1173 sotto il regno del re Rajaraja III, forse sotto l’influenza dei Chalukya, si sviluppa una ricerca decorativa a discapito del gigantismo templare degli anni precedenti. Tra questi uno dei massimi esempi è il tempio di Airavateshvara a Darasuram.

Il nome Airavatheshvara deriva da airavata l’elefante bianco,  il vahana che cavalca il dio induista Indra. Il tempio è orientato verso est,  esso ha una struttura molto simile ai due precedenti, un prakara di 104 x 64, un gopura e due vasti mandapa.

Il primo fra questi due presenta un portico a forma di carro, decorato con elefanti e colonne che posano su yoli (leoni fantastici) divisi in tre sezioni a forma piramidale dove sono ospitati panelli istoriati. La cella ha un’elevazione di 30 metri. Un tempo esisteva una seconda prakara all’interno della quale vi era il mandapa del toro Nandin.

Credits:

fonti: Testo storia dell’arte dell’india, dalle origini ai grandi templi medievali di Cinzia Pierruccini

foto: www.pinterest.com

 

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