E’ uno dei migliori bassisti a livello nazionale ed internazionale, eppure ha ancora voglia di aggiornarsi, imparare e divertirsi. Dall’inizio degli anni ’90 insieme a Jovanotti forma una delle coppie più celebri e durature della musica italiana: stiamo parlando di Saturnino, che noi dello Sbuffo abbiamo avuto il piacere di intervistare.
Una chiacchierata che abbraccia sia il percorso musicale sia (in parte) quello legato alla vita fuori da uno studio di registrazione o al palco di un concerto. Ecco l’intervista.
E’ da oltre trent’anni che suoni: qual è la ricetta giusta per arrivare a questo livello e questa continuità? Più divertimento, professionalità o voglia continua di imparare?
Coltivo, con “l’umiltà dei frati” (come mi piace dire), una passione immensa che ho preso da quando ero molto piccolo. Quello che faccio oggi è un po’ la vita che sognavo da bambino, come canta Lorenzo (Jovanotti, ndr).
Tutto ciò si è trasformato in una passione remunerata: quindi grande fortuna, immensa, ma molto cercata. Non credo che esista una ricetta, esiste invece un percorso, che io ho cercato di trasmettere alle persone che come me hanno questo progetto, ed è tutto scritto in Testa di Basso (il libro di Saturnino scritto assieme a Massimo Poggini per Salani Editore, ndr). Quanto alla continuità nella musica, c’è il desiderio di mantenere l’equilibrio appunto fra le cose che mi hai chiesto: divertimento, professionalità e voglia di imparare sempre. Andare a scoprire cose che possono aiutarti a rendere quello che fai sempre migliore sia dal punto di vista etico sia da quello estetico e tecnologico.
Quali sono stati i tuoi riferimenti come bassisti? Ce n’è uno in particolare che ti porti dentro come modello assoluto da quando hai iniziato sino ad oggi?
Di riferimenti ne ho sempre avuti tanti e diversi: da James “Jimmy” Jamerson, bassista che registrava tutti i dischi della Motown e che ho scoperto molto dopo come si chiamasse, a Sting, poi Mark King, Pastorius, Percy Jones, Pino Palladino e tanti altri. C’è stato un periodo in cui ascoltavo solo i bassisti, mentre nel post Slave to the Rhythm, ho iniziato ad ascoltare la musica in modo assolutamente totale, quindi non soffermandomi solo sulla linea di basso che è una sorta di film nel film, ma ascoltando tutto quello che era a livello di sound puro. In assoluto però, se dovessi proprio darti una risposta, posso dirti che il bassista che porto dentro di me maggiormente è Pastorius.
Dall’inizio degli anni 90′ sei artisticamente legato a Jovanotti con cui vivete una sorta di simbiosi eccezionale fra scrittura delle canzoni, incisione dei dischi e i vari tour. Il vostro probabilmente è e sarà uno dei sodalizi più lunghi della storia della musica italiana. Come siete arrivati a trovare questo equilibrio?
Quello che ti posso dire è che Lorenzo ed io non siamo legati da nessun contratto. E forse è proprio per questo che il nostro sodalizio dura da così tanto. Io sono un libero professionista a cui viene dato l’incarico ogni volta e fortunatamente questa cosa si è rinnovata sempre nel corso degli anni. Magari potrà succedere più avanti che Jovanotti decida di fare i dischi con arpa e voce ed io non sia più chiamato da lui. Alla base di tutto comunque ci sono grandissima stima, lealtà e rispetto. Amicizia pura, che va aldilà della musica. Sul palco alla fine si sta veramente bene e ci si diverte tantissimo facendo musica. L’equilibrio è tutto negli elementi che ti ho indicato.
Nella tua carriera musicale, oltre Jovanotti appunto, sei riuscito a trovare tante altre collaborazioni. Quale ti è piaciuta di più? E con che artista, con il quale non hai ancora suonato, vorresti collaborare in futuro sia esso italiano o straniero?
Tutte le collaborazioni sono venute fuori nel dopo-Jovanotti. Fare musica con lui ti mette molto in evidenza e quando un altro artista ascolta magari uno strumento, gli può venire voglia di includerlo nel suo progetto. Da lì sono nate collaborazioni con Battiato o cantanti che ci erano più vicini: per esempio l’ultima in ordine di tempo è stata quella con Max Pezzali. Sono tornato a suonare un singolo con lui, che è stato una persona capace di inventare un linguaggio. Per me è una grande soddisfazione ritrovarsi dopo anni a performare insieme sullo stesso palco o in studio. Le collaborazioni a me piacciono tutte, altrimenti non le farei. Sono anche in una condizione di grande privilegio, quindi se una cosa non mi piace posso anche evitare di farla.
Il mio sogno è sempre stato quello di passare un minuto sul palco insieme a David Bowie, ma non è stato possibile. Posso però farlo tranquillamente in casa o in studio mettendo su un suo pezzo e suonandoci sopra e quindi attualmente non c’è un artista in particolare con cui vorrei “duettare”. I concerti di quelli che stimo me li godo anche stando sotto al palco, non necessariamente sopra.
Testa di Basso nella tua vita ha rappresentato il titolo di un album e il titolo di un libro: potrà magari diventare il titolo anche di una tua “idea cinematografica”?
Testa di Basso è un titolo/appellativo che si è inventato Lorenzo. Mi ha identificato e continua ad identificarmi. A me fa piacere. E’ diventato libro e perchè no, potrebbe diventare, se a qualcuno interessasse, un documentario; ma ancora non me l’ha proposto nessuno. Invece c’è un libro straordinario che si chiama Il contrabbasso di Patrick Suskind, che è stato scritto come pièce teatrale. Di quello sarebbe bellissimo fare un film.
Oltre alla musica, sappiamo che hai lanciato ormai da qualche anno anche una linea di occhiali. Quali sono le altre tue passioni?
L’idea della linea di occhiali in realtà è complessa: molti artisti o volti conosciuti cedono la loro immagine per diventare dei testimonial. Invece qui ho fondato, grazie ad un amico a cui voglio molto bene, un brand: noi ci assumiamo in prima persona tutti i rischi che questo comporta. Non siamo in una comfort zone anzi, ci siamo ficcati in una bella jungla, pericolosa. Però ci sta dando un sacco di soddisfazioni e dietro SaturninoEyeWear c’è una squadra, un team importante. Sul prodotto c’è il mio nome ma ci lavoriamo in tanti e con grande energia.
Se Saturnino non fosse diventato un musicista oggi chi sarebbe?
Mi sarebbe piaciuto diventare tanto un medico o un investigatore privato. Avrei tanto adorato fare queste cose, però devo dire che alla fine raramente ci penso.