Stando alla definizione riportata dal vocabolario Treccani, il termine emotività indica
“la capacità, più o meno intensa a seconda degli individui, di provare emozione, di reagire cioè di fronte a stimoli piacevoli o spiacevoli”.
Questa spiegazione rende manifeste due particolarità.
La prima é che l’emotività non è un fattore oggettivo, identico in ciascuno, bensì – come ogni stato d’animo umano – differente di caso in caso, da soggetto a soggetto. In secondo luogo, l’emotività non risponde solamente a quello che noi definiamo “bello”, ma anche al suo opposto, ovvero a quello che il nostro dizionario definisce come “stimoli spiacevoli”.
Alla luce di questo, mi pare insensato voler costringere all’esaltazione il lettore davanti ad un’opera d’arte quando questo può aver valore per me solamente. Non é mia intenzione ne risultare prolisso su una questione altamente soggettiva, né tanto meno voler obbligare qualcuno a scaldarsi davanti a qualcosa che lo lascia intimamente freddo.
Cercherò di essere il più possibile oggettivo, fornendo alcuni emblemi artistici dell’emotività, ovvero opere d’arte che per antonomasia potrebbero essere definite sublimi, secondo quella accezione di Pseudo Longino tale per cui “la nostra anima, davanti a ciò che è veramente sublime, si solleva, e presa da un’orgogliosa esaltazione, si riempie di una gioia superba, come se essa stessa avesse generato ciò che ha percepito”.
Parto dal ‘400, secolo che – dal punto di vista artistico – nemmeno nell’ultimo bozzetto di un ragazzo di bottega potrebbe lasciarci insensibili. L’opera che scelgo é “Primavera“ di Sandro Botticelli, dipinta nel 1482 e conservata agli Uffizi di Firenze.
Attribuisco a quest’opera i canoni di sublimità ed emotività prima di tutto per un fatto banale: é una delle pochissime opere del Rinascimento che la maggior parte delle persone é capace di riconoscere senza eccessiva difficoltà. Questo lo leggo come sintomo di successo, come segno inequivocabile che l’opera lascia in ciascuno un che di profondo.
Propongo ora un’opera emotiva in senso opposto: il Lamento sul Cristo morto del Mantegna.
Se la Primavera può essere presentata come l’emblema della leggerezza, della rinascita e della delicatezza, il Cristo morto dell’immenso maestro padovano é una tra le più nitide immagini del dolore.
Tralascio volutamente ogni riflessione sulla tecnica, la minuziosità ed il perfetto uso della prospettiva. Questa tempera non può lasciarci indifferenti, deve assolutamente colpirci. Vuoi per il soggetto raffigurato, vuoi per il momento che ritrae, per la disperazione delle tre dolenti o per la perfezione della realizzazione. Se nemmeno un’emozione si muovesse in noi davanti a questo dipinto, davvero dovremmo rivalutare il nostro status di essere umani.
Passiamo ora ad una più romantica emozione. Questa scultura può essere annoverata nell’Olimpo delle opere “più che note” e “più che abusate”. Parlo di “Amore e Psiche” di Antonio Canova, opera emotiva per il suo richiamo alla dolcezza, alla tenerezza, alla tensione amorosa.
Questa scultura risponde in pieno alla definizione di emotività proposta in precedenza. Permette infatti di lasciarsi toccare dal suo candore e dal suo idillio, così come riesce ad emozionare in senso opposto facendo storcere il naso ai duri di cuore, a coloro poco impressionabili da tante frivole smancerie.
“Concezione spaziale” di Fontana non ha nulla a che vedere con le opere scelte in precedenza. È un’opera per alcuni banale, stupida, facile da realizzare; per altri geniale, concettuale, la vera essenza dell’arte.
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