Francesco Orlando è stato uno dei più importanti esponenti della psicocritica in Italia. Oltre alla ricerca sul motto di spirito di Freud, Orlando come critico si è occupato anche di applicare il concetto di “spostamento” psichico alla letteratura, ideando il cosiddetto “tasso di figuralità”.
Sostanzialmente, se lo spostamento tra significante e significato diventa troppo ampio, avremo un tasso di figuralità così alto da non poter capire il testo poiché “oscuro”. È ormai noto, inoltre, che l’inconscio individuale vive, convive e a volte viene sopraffatto dall’inconscio collettivo. Come diceva Jacques Lacan, non solo l’Es parla, ma esso è accompagnato dal discorso dell’Altro: tutti e due, sono di natura incomprensibile per il soggetto cosciente, che viene traumatizzato dalla mancanza di significato nel significante del linguaggio. Quante volte le masse della nostra attualità hanno tentato di rivolgersi alla “teoria del complotto” per trovare una risposta semplice ad una questione complessa e percepita come oscura? Nel corso della storia, quasi sempre; e nel nostro periodo, il complottismo ha aumentato la sua presa mediatica. Mentre in Orlando però, la valutazione del “ritorno del represso” si basava proprio sul grado di spostamento figurale, l’individuo dei nostri tempi sembra non riuscire più a stare al passo con lo sfasamento di valori: da una parte sembra inseguirli, dall’altra vuole tornare indietro perché non riesce a comprenderli; il risultato, è una fortissima deframmentazione bipolare del soggetto prima, delle masse poi. L’incomprensione creata da un caos in cui le credenze che sembravano ormai affermate sembrano invece dubbie, ha portato l’essere umano (soprattutto in Occidente) a chiedersi quale sia la realtà. Ma riprendendo Lacan, a quanto pare la realtà è qualcosa di vuoto e caotico e non a caso, l’essere umano vede solamente il reale. Si aggiunge a tutto questo, l’effetto alienante della cultura di massa e la conseguente crescita dell’ignoranza: ciò che non è “pop” ma semplicemente di “mercato”, ha portato il singolo a non preoccuparsi troppo degli avvenimenti esterni al suo “piccolo mondo”.
La soluzione a questa “oscurità” dilagante, accompagnata da un profondo oscurantismo, non pare essere semplice nel momento in cui ognuno di noi è immerso nel mondo che la contiene. Forse, si potrebbe cominciare semplicemente con l’interessarsi verso i fatti esterni a noi stessi con disincantato occhio critico.