Antonio Canova: l’artista che recuperò l’arte italiana

Il 1815 è l’anno della sconfitta di Napoleone a Waterloo, del congresso di Vienna e della Restaurazione; ma è anche l’anno in cui il famoso scultore Antonio Canova venne convocato da papa Pio VII con una missione: recuperare le opere d’arte saccheggiate a Roma e negli altri centri culturali dello stato pontificio dalle truppe napoleoniche nel 1796. Il saccheggio di opere perpetrato da Napoleone ai danni dell’Italia non è il primo e non sarà l’ultimo che subirà nel corso dei secoli: prima di lui vi furono altri, come i re Luigi XII e Carlo VIII di Francia, che scesero in Italia con intenzioni di conquista portandosi in patria al ritorno dei souvenir. Infine vi fu Hitler che durante la seconda guerra mondiale saccheggiò cinque milioni di opere d’arte in tutta Italia, oltre a quelle trafugate nei musei di Amsterdam e Parigi.

L’Italia ha sempre esercitato un certo fascino sulle altre popolazioni, per la sua cultura, per l’arte, i musei, le biblioteche e i monumenti, tutto questo fa parte della nostra identità, uno dei pochi elementi che ci fa sentire parte di una sola nazione e un motivo di orgoglio nazionale.

La missione che Canova si vide affidare era quindi un impegno gravoso e complesso, che poteva avere conseguenze disastrose per il nostro patrimonio artistico se non fosse stato possibile portarlo a termine.

Con la caduta di Luigi XVI e dell’ancien regime, nel maggio 1791 l’Assemblea nazionale costituente decretò che il Louvre sarebbe stato destinato ad ospitare un’esposizione di scienze e arti a scopo educativo. I sostenitori dell’idea miravano a dimostrare la superiorità del nuovo regime sul vecchio, che nei decenni precedenti non era riuscito a completare la trasformazione in museo, e a fare di Parigi la capitale delle arti e una nuova Atene. Napoleone aveva risposto a questa esigenza con la requisizione di quadri, statue e libri come bottino di guerra dagli stati italiani vinti durante la sua campagna d’Italia. Migliaia di opere d’arte vennero imballate e spedite a Parigi per entrare nella collezione del Louvre, vecchio palazzo reale dei Borbone, che sarebbe diventato di lì a poco il primo museo moderno, una galleria universale che avrebbe contenuto nelle sue sale tutta la storia dell’arte.

I commissari di Napoleone vennero mandati a Milano, Venezia, Firenze, Roma e altre città italiane per scegliere e catalogare tutte le opere d’arte che sarebbero appartenute d’ora in poi alla Francia. I marmi, le tele e i manoscritti che appartenevano al Rinascimento, erano i più richiesti e quelli che vennero per primi sottratti al controllo delle varie città italiane.

Laocoonte

Antonio Canova è “l’eroe” di questa storia, egli era l’uomo mandato a portare a termine un’impresa senza speranza, con il difficile compito di riportare a casa i capolavori trafugati dall’invasore straniero, come il gruppo scultoreo del Laocoonte o la Trasfigurazione di Raffaello; nonostante tutti i possibili fallimenti che si delineavano davanti all’artista italiano, Canova riuscì con sorpresa nel difficile intento.

Trasfigurazione, Raffaello Sanzio, 1518-1520

Nell’agosto del 1815 Canova arrivato a Parigi e recatosi al Louvre per svolgere il suo compito, si rese subito conto che senza l’appoggio di forze armate o di importanti alleati l’impresa non sarebbe nemmeno cominciata: Vivant Denon, direttore artistico del Louvre dal 1802, si opponeva a quello che era per lui un furto alla Francia e fece in modo che tutto il popolo parigino fosse contrario alla riconsegna delle opere.

Le difficoltà per Canova non furono solo date dalla mancanza di collaborazione di Denon e dal disprezzo dei francesi, ma anche dall’assenza di una lista delle opere d’arte da recuperare. Il compito si rivelò arduo soprattutto per le altre città appartenenti allo stato della chiesa: Bologna, Perugia, Pesaro e Urbino; fu quindi costretto a recuperare le opere sulla base della sua sola memoria, qualcosa che probabilmente nessuno al di fuori dello scultore italiano avrebbe potuto portare a termine l’incarico senza l’aiuto di un elenco delle opere.

La scelta del pontefice di incaricare Canova del difficile incarico su consiglio del segretario di stato il cardinale Consalvi, fu dettata dall’astuzia poiché lo scultore era all’epoca il direttore in carica di tutti i musei romani quindi era l’uomo perfetto per svolgere quel compito arduo, ma soprattutto era l’artista più famoso della sua epoca, un “divo” conteso da tutti sovrani d’Europa.

Nonostante la fama dello scultore veneto, l’impresa ebbe bisogno di un ulteriore fattore per riuscire ad essere completata: un importante alleato. Canova si appresta quindi a tessere una scaltra tela di relazioni diplomatiche; il successo venne agevolato grazie all’aiuto degli inglesi che furono coloro che permisero a Canova di portare a termine il suo compito.

William Richard Hamilton

La persona che più di tutte aiutò l’artista italiano fu William Richard Hamilton, il sottosegretario del ministro degli esteri britannico. Hamilton era un uomo dalla cultura eclettica, un appassionato di archeologia e aveva sovrainteso alla raccolta dei marmi del Partenone di Atene come segretario di Lord Elgin, egli conosceva la fama di Canova e si interessò subito alla causa italiana.

Finalmente il 2 ottobre 1815, con l’aiuto delle forze armate britanniche, cominciava la restituzione delle opere italiane da parte del Louvre, Denon cercò di rallentare il prelievo, ma alla fine dovette cedere. Canova lavorò all’interno del museo parigino per tutto il mese di ottobre per catalogare e imballare le opere da restituire sia allo stato pontificio che alle altre città culturali italiane, come Milano, Venezia e Firenze. Finito il lavoro Canova si recò a Londra per mostrare di persona la sua gratitudine al governo inglese a cui doveva l’esito positivo della sua missione.

L’Italia non sarà comunque mai più quella di prima, nonostante il recupero quasi totale delle opere, circa il 70-80%, il saccheggio napoleonico e il successivo recupero ebbero un impatto negativo sul mondo dell’arte italiano e sulla popolazione; una ferita aperta ancora oggi per tutti gli estimatori dell’arte desiderosi di vedere recuperato il maltolto.


FONTI

Missione grande bellezza di Alessandro Marzo Magno

 

 

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