TheGiornalisti, Riccione e la banalità del mare

Ore 00:00, 21 Giugno.

Sull’internet viene innocentemente caricato un file, il nome è quello di una nota località marittima italiana, la canzone è orecchiabile, non un capolavoro ma orecchiabile mentre il video è… beh il video è, a prima vista, un video qualunque.

Poi leggi il nome e capisci che qualcosa sarebbe successo.

Ore 16:51, 27 Giugno.

Siamo ancora qui a parlarne esaurendo ogni possibile topos: tra aquile reali in mare e panini tutt’altro che interi consumati nella capitale teutonica si è sfiorata l’isteria di massa tra lealisti, apologeti, fedeli della prima ora che si sentono traditi, nuovi arrivati, haters della domenica e gente che passava per caso: TUTTI, TUTTI in dovere di gridare la propria opinione. Cosa lecita. Cosa estremamente lecita e anzi, necessaria.

Dov’è il punto allora? Il punto è che come sempre il sonno della contestualizzazione genera mostri.

Se non avete capito di cosa sto parlando allora tornate a casa e recuperatevi la seconda stagione di Sense8, visto che significa che siete stati chiusi dentro un bunker per un lasso temporale variabile che va da almeno un anno alle precedenti 24 h. Dopo quel piccolo capolavoro (Spoiler: a Londra sfasciano tutto) andatevi a cercare Riccione e tutto ciò che riguarda i TheGiornalisti dell’ultimo anno.

Avevo già accennato del successo improvviso e del fenomeno Pamplona (qui) ma con Riccione siamo arrivati al parossismo: una normalissima canzone con un testo sotto la media, una musicalità banalina ma evocativa e un ritornello catchy sembra esser foriera di carestie e pandemie. Perché tutto questo? È presto detto.

Come ho già accennato (più o meno esplicitamente) la sindrome da delitto d’onore è all’ordine del giorno: i fan della prima ora si stracciano le vesti già disconoscendo la nuova “incarnazione” dei loro beniamini, ma tollerandola, per poi veramente rimanere sconvolti da un pezzo estremamente commerciale quando andrebbe semplicemente preso senza alcuna presunta velleità artistica:  una canzone puramente estetica.

Estetico proprio nel senso di spoglio di qualunque funzionalità. Era necessaria questa canzone ? No. Se ne sentiva la mancanza? No. Edoardo, la stai cantando mentre giri per Roma in bicicletta? DANNAZIONE, SI’!

Di canzoni puramente estetiche ne è pieno il mondo, di canzoni di “svago” fatte da artisti più o meno impegnati possiamo parlarne fino all’inverosimile e in ben pochi si strapperebbero i capelli. Allora perché alla band romana è stato tolto il diritto di far schifo? Perché ci piaceva di più quando erano veri? Perché adesso fanno pop? Perché prima ci piacevano di più?

Sono cambiati, è vero, diamine se è vero, però questo cambiamento non sembra forzato, ci sono delle differenze ma sono figlie di uno stile che sentono proprio: il frontman del gruppo d’altronde, non ha mai negato, anzi, una certa influenza degli anni ’80 e della scena trash cinematografica, delle bici Atala e di tutto un immaginario romantico di quell’Italia di cui Riccione si fa manifesto. Si può lasciar correre anche se il cantante si atteggia a un 50 Cent da Prima Repubblica.

Sono i suoi stessi fan che non digeriscono il successo, non digeriscono una possibile crescita artistica (sottolineo possibile), non digeriscono che gli siano state voltate le spalle quando in realtà il gruppo sta solo tirando dritto per la sua strada e non ha problemi a farsi sentire.

Se ora questo si riconfermerà il trend preso da questi nuovi eroi della scena musicale, allora prometto che ne riparleremo (stessa cosa per il video che merita un discorso a parte) ma fino ad allora fate contento Dave Grohl (non proprio l’ultimo arrivato), parafrasatelo e capite che anche loro, seppur in maniera diversa hanno il diritto fondamentale di poter “far schifo”.

E poi parliamoci chiaro: pure i Beach Boys hanno tirato su una carriera su mare, culi e surf. Non mi pare che siano stati accusati di banalità. Che poi banalità di cosa? Trovatecela voi un’aquila reale.

 

credits:

copertina – screenshot dal video

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