Ogni anno National Geographic seleziona dieci personaggi tra cui i suoi lettori dovranno eleggere colui o colei che più di tutti ritengono meritevole del premio Adventure of the Year, conferito a chi abbia “realizzato grandi sogni nell’esplorazione, nella conservazione dell’ambiente, nel recupero dei beni culturali, negli sport d’avventura e nell’umanitarismo”. Tra i vincitori degli anni passati rientrano personaggi del calibro di Pasang Lhamu, alpinista e Sherpa Akita, Felix Baumgartner paracadutista e base jumper estremo (come dimenticare il suo lancio dalla stratosfera nel 2012) o Wasfia Nazreen, prima alpinista del Bangladesh ad aver scalato le Sette Cime (le montagne più alte di ciascun continente)
Quest’anno a vincere il prestigioso premio è stata la campionessa di trail running Mira Rai.
Mira Rai, 29 anni, è nata a Bhojpur, un piccolo villaggio rurale tra le montagne del Nepal orientale. Essendo la maggiore di 5 fratelli, secondo le usanze del suo paese aveva il compito di occuparsi della famiglia, andare a prendere l’acqua, badare al bestiame e ai campi e svolgere mansioni di fatica, come trasportare sacchi di riso su e giù lungo i ripidi sentieri che dal villaggio conducevano al mercato, dove lo avrebbero rivenduto. A 12 anni dovette definitivamente lasciare la scuola, per dedicarsi interamente alle sue mansioni. Un compito faticoso, ma che le servì come prima forma di allenamento.
La sua vita cambiò quando compì 14 anni. Fu in quell’anno infatti che le truppe dei soldati maoisti passarono per il villaggio e la giovane decise di arruolarsi tra le fila dei combattenti, nella speranza di aiutare la propria famiglia e con il desiderio di cambiare il proprio futuro. Una volta arruolatasi iniziò il suo addestramento nella corsa, nel combattimento e nelle tecniche di sopravvivenza, ma quando due anni dopo il governo firmò l’accordo di pace con i ribelli ed assorbì le forze rivoluzionarie all’interno dell’esercito nazionale, fu costretta a tornare a casa, senza aver mai combattuto, in quanto troppo giovane per potersi arruolare regolarmente.
Di nuovo in famiglia, non era chiaro come avrebbe potuto sfruttare le doti atletiche dimostrate, dal momento che il Nepal non possiede una tradizione sportiva radicata, tanto meno nel caso si parli di sport al femminile. Questo almeno fino al 2014, quando alcuni militari di passaggio la notarono durante gli allenamenti e le proposero di partecipare ad una corsa di 50 chilometri in montagna, la Kathmandu West Valley Rim 50. Mira Rai accettò e vinse. Unica donna in gara, senza una preparazione specifica né un equipaggiamento adeguato superò tutti gli uomini e vinse. Da quel momento iniziò la sua ascesa nel mondo degli skyrunner. Con il supporto di un gruppo di sostenitori iniziò a studiare l’inglese e riuscì a procurarsi il materiale tecnico e i documenti necessari per poter partecipare alle gare internazionali. I risultati non tardarono ad arrivare e Mira Rai conquistò il pubblico e i colleghi vincendo gara dopo gara, viaggiando dall’Himalaya alle Dolomiti, ad Hong Kong e a Chamonix.
Al momento ferma per un infortunio al ginocchio, conta di riprendere il prima possibile gli allenamenti per partecipare all’Ultra-Trail du Mont Blanc, una competizione che prevede un percorso attorno al Monte Bianco della lunghezza di 160 chilometri.
Ma il sogno di Mira Rai non finisce qui. La giovane ambisce a combattere gli stereotipi di genere attraverso lo sport, ponendosi come modello per le donne nepalesi, per le quali la parità con gli uomini è ancora lontana.
“Nella società in cui viviamo è complicato sia per gli uomini che per le donne, perché fare una qualsiasi cosa non convenzionale significa andare incontro a un sacco di difficoltà” – spiega – “Specialmente per le donne, dalle quali ci si aspetta un aiuto nelle faccende domestiche sin da piccole, e che poi si sposino e crescano una famiglia, il che diventa una lotta, non solo una sfida. [Se non lo fai] diranno che sei una ribelle (…) Anche se sembra che il modo di ragionare stia cambiando, succede molto lentamente e c’è ancora molta strada da fare affinché le donne nella società nepalese siano considerate uguali agli uomini. È questa la triste realtà.“
La fine della guerra civile ha lasciato il Nepal in un grave stato di povertà e corruzione nonostante l’adozione di una nuova costituzione. Ma personalità come quella della skyrunner portano la speranza che il cambiamento possa davvero avverarsi.
“Mira incarna le aspirazioni di un’intera generazione di giovani nepalesi”, afferma Ben Ayers, direttore dell’associazione umanitaria dZi Foundation “La sua trasformazione da bambina soldato ad atleta di fama mondiale è avvenuta in parallelo con la crescita del Nepal dopo la guerra civile”.
I suoi progetti per il futuro prevedono l’organizzazione di una serie di gare di trail a Kathmandu, brevi percorsi affrontabili anche dai meno esperti, allo scopo di diffondere la cultura sportiva e far emergere il potenziale atletico dei suoi connazionali. Nel frattempo cerca di incoraggiare e dare consigli a tutti gli uomini e le donne che dimostrano di possedere le capacità per intraprendere la carriera professionistica.
Ciò che Mira Rai rappresenta per le donne nepalesi e in generale per i suoi compatrioti non è forse ben percepibile per un occidentale. Mira è una donna, suo malgrado non istruita, proveniente da un minuscolo paesino perso tra i monti dell’Himalaya, e nonostante tutti questi motivi che nel suo paese avrebbero potuto condannarla ad una vita schiacciata nel solco della tradizione, è riuscita non solo a promuovere il cambiamento, ma a diventarlo lei stessa.
“La perseveranza e il duro lavoro sono la strada per realizzare anche i sogni più grandi. Le donne non devono pensare di essere inferiori o incapaci di seguire le proprie ambizioni, e devono convincersi di essere al pari degli uomini. In sostanza per le donne nessuno sport o disciplina è troppo difficile o addirittura impossibile da praticare con successo. Rompete gli indugi e seguite il vostro talento con tenacia.”
Fonti: National Geographic, National Geographic, La Stampa, LaRepubblica
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