Intervista a Roberto Ciardiello

La casa dalle radici insanguinate è il nuovo libro realizzato da Roberto Ciardiello, che affida lo sviluppo del romanzo a tre personaggi, ovvero Cupo, Mago e Skizzo, che lui stesso descrive come tre figure in agguato nell’oscurità, tre predatori in mezzo agli alberi con un unico obiettivo..Chissà!

Ho avuto la possibilità di rivolgere allo scrittore alcune domande sorte dalla mia curiosità e di indagare a fondo alla personalità di un autore italiano che si indirizza ad un genere letterario horror e molto splatter.

Eccole di seguito:

Che cosa ti ha fatto avvicinare alla scrittura?

La lettura, ovvio. Leggere molto ha fatto scattare la molla. È come ascoltare il rock: si finisce spesso con una chitarra a tracolla.

Che tipo di scrittore sei?

Ho due braccia, due gambe e un cervello sempre in movimento. Be’, non è poi così vero (braccia e gambe però sì, le ho davvero): faccio anch’io i miei bravi conti col famoso “blocco dello scrittore”. Entrando nello specifico, ora, credo di essere uno scrittore che non si accontenta facilmente di ciò che partorisce. Mi applico al massimo per creare scene intriganti, personaggi in 3D capaci di uscire dalle pagine, scrivo e cancello e riscrivo e modifico… a volte anche la scelta di un “a capo” o il respiro da dare con la punteggiatura mi mettono in crisi. Tutto questo, chiaramente, per la piena soddisfazione di chi leggerà. È un atto dovuto: se una persona decide di spendere i propri soldi, è giusto cercare di dargli un prodotto il più vicino possibile alla perfezione.

Hai un luogo dove preferisci scrivere?

No, non ho grandi pretese a riguardo. Sarebbe molto poetico rispondere che scrivo all’alba sotto il patio nel giardino della mia magione in Irlanda. O al tramonto, in quella stanza al piano superiore la cui finestra si affaccia sulla scogliera scozzese. O di notte, al centro di un cerchio fatto di candele accese. In realtà sono sempre al solito posto: su una sedia davanti a un piccolo tavolo per il portatile, nel mio monolocale in provincia di Roma.

Come descriveresti il tuo nuovo libro?

È una domanda a cui non posso rispondere direttamente, sarebbe come chiedere a un padre di descrivere suo figlio… e finirei per dire che è il capolavoro del millennio. Tuttavia una risposta la devo dare, e allora mi rifaccio al giudizio medio dei lettori. Dicono sia un romanzo molto cinematografico, sembra di “leggere un film”, le immagini scorrono davanti agli occhi come se si avesse a che fare con una pellicola. L’intento principale è proprio questo, e sapere che si è riusciti a centrare l’obiettivo fa estremamente piacere.

Perché ti sei indirizzato proprio su questo genere un po’ emarginato in Italia?

Ecco, a questa domanda, invece, è più facile rispondere. Il perché è presto svelato: con l’horror ci sono cresciuto. I film, i primi Dylan Dog letti tra i banchi di scuola, alle medie, il ciclo estivo “Notte Horror” dopo il Festivalbar degli anni Novanta: tutti mattoncini che hanno costruito un solido muro dell’orrore dietro cui mi sono trincerato per anni (e continuo imperterrito).

Hai un legame con quanto scrivi?

Scrivendo principalmente horror, se lo avessi sarei un assassino o un pericoloso criminale. Ampliando il discorso, però, posso dire che qualcosa della mia vita si può trovare. Può essere la descrizione di una casa in cui ho vissuto, un’esperienza fatta, un quartiere che conosco, un’emozione provata; inoltre, si possono trovare conversazioni sentite in giro e riversate a modo mio tra le righe, modificate, romanzate. Anche un semplice articolo letto sul giornale può rimanere nella mia testa e uscire al momento opportuno, per fare la propria comparsa in una digressione.

Le risposte tutt’altro che scontate di Roberto Ciardiello trasmettono un certo fascino che sicuramente si ritroverà anche all’interno del suo ultimo libro!

 

credits

 

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