Il fascino degli animali fantastici e non si respira ampiamente nell’odierno Occidente, riuscendo dunque a oltrepassare le barriere della decadenza che il tempo reca con sé: per citare qualche esempio basti pensare in ambito letterario a Borges e alla sua Zoologia fantastica, mentre nell’ambiente cinematografico grande diffusione ha conosciuto la recente pellicola Animali fantastici e dove trovarli di David Yates. Eppure fondamentalmente da un solo piccolo libello, il Physiologus, si è originata la tradizione dei “bestiari”, i quali pervadono la cultura occidentale sin dalla fine dell’impero romano attraverso le grandi opere d’arte dell’alto medioevo cristiano, i trattati moralistici, per poi giungere alla natura che permea le fiabe, i racconti, i modi di dire e i proverbi.
Il Physiologus consiste in un trattatello che si potrebbe definire di “zoologia morale”, il quale presenta capitoli molto brevi che danno spazio alle informazioni circa una singola creatura per volta: abbondano dunque descrizioni di svariati animali, piante, pietre preziose, nelle quali si enumerano sia creature realmente esistenti, sia creature con tratti del tutto non reali. Ogni capitoletto è introdotto e commentato sulla base di una citazione delle Sacre Scritture che, forzatamente o meno, tratta della creatura di cui si sta parlando. Esiste una formula piuttosto misteriosa che introduce alla lettura dei capitoli, ossia: «il Fisiologo ha detto…»: questo personaggio, che funge da autorità e fonte di quanto viene riportato nell’opera, può anche essere visto come l’equivalente cristiano della figura medio-orientale del mago, ossia colui «che è al corrente di tutti i fatti e rapporti occulti nella natura». Secondo la dottrina cristiana il primo fisiologo in questo senso è però da ricercare in Adamo, che non fu solo il primo uomo, ma anche colui che diede un nome rivelatore a tutte le cose (concetto, questo, molto caro alla mentalità medievale). Il secondo fisiologo strictu sensu che trova spazio nel Cristianesimo è Salomone: descritto secondo la tradizione come uomo di enorme cultura e conoscenza del mondo, numerosi codici gli attribuirono erroneamente la paternità del trattato.
La disposizione dei capitoli pare totalmente casuale nell’originale in lingua greca: gli animali acquatici si alternano a quelli terrestri e celesti senza alcuna motivazione apparente. Ciò che si nota, tuttavia, è una somiglianza o geminazione che delle volte affiora fra descrizioni vicine. Nella traduzione armena invece appare già un tentativo di sistemazione della materia, poiché gli animali sono distinti in simboli celesti e simboli demoniaci. Nei secoli successivi l’evoluzione del libello seguì due linee opposte: una, intrapresa dall’enciclopedismo latino, prevedeva l’arricchimento e la rigorosa classificazione degli animali trattati (come dimostrano le Etymologiae di Isidoro di Siviglia), preparando la strada alla zoologia moderna, mentre l’altra via fu quella dei “bestiari”, opere che avrebbero contribuito alla rielaborazione moralistica del materiale trattando di vizi, virtù, preparazione spirituale dell’anima; entro tale genere di scritti è importante segnalare anche l’esistenza dei “bestiari d’amore”, un sottogenere letterario dove l’arte amatoria viene illustrata mediante le proprietà di alcuni animali.
Dell’opera non è possibile stabilire con precisione il luogo, l’epoca e l’autore della composizione: le ipotesi hanno proposto località che si estendono dall’Egitto alla Siria, mentre l’epoca viene fatta oscillare tra il II e il V secolo d.C. Con molta probabilità il libello sarebbe stato composto ad Alessandria d’Egitto fra II e III secolo in ambiente gnostico. Nella letteratura di lingua greca dei primi secoli si attestano infatti già “nature” moralizzate di animali, elemento che dimostra l’esistenza di una tradizione fisiologica molto diffusa nella città, come testimoniano le opere di Filone (I secolo) e Clemente Alessandrino (II secolo).
L’opera ebbe immediatamente una diffusione straordinaria, impensabile forse per un libello che molti avrebbero in seguito giudicato eterodosso e rasente l’eresia: il testo fu tradotto a partire dal V secolo in etiopico, armeno, siriaco e latino; quest’ultima traduzione divenne la base di una successiva edizione latina, la quale ampliò il testo e dalla quale si sarebbero originati, tra XII e XIII secolo, i “bestiari” germanici, italiani e francesi. Oggi, nonostante in passato molti studiosi, fra cui il cardinal Pitra, fossero stati tentati dall’ammettere delle tracce d’eterodossia nel testo, possiamo ammettere che l’ortodossia dell’autore anonimo è indubitabile: il Physiologus appartiene infatti a un’epoca e a un ambiente in cui non esisteva ancora un confine netto fra eterodossia ed ortodossia; anzi, accanto agli sparsi riferimenti agli apocrifi (l’Infanzia di Maria e gli Atti di Paolo e Tecla, per citare due esempi), non mancano frequenti esortazioni all’obbedienza.
Un fatto da tenere ben presente è che se le applicazioni simboliche del “bestiario” ripercorrono gli insegnamenti di Antico e Nuovo Testamento, le “nature” degli animali trattati appartengono quasi interamente alla tradizione della scienza esoterica alessandrina. L’ambiente alessandrino, uno dei più vivaci in senso culturale di tutto il mondo antico e tardo antico, divenne patria di un perfetto connubio tra la lingua greca, la fede cristiana e le antiche scienze e tradizioni orientali. Non ci stupiamo dunque se già presso gli Egizi ci si esprimeva mediante geroglifici che assai spesso raffiguravano creature animali: questo popolo aveva da subito mostrato, mediante il proprio sistema di scrittura, una considerazione del mondo fisico come «espressione visibile dell’invisibile». E fu proprio a partire dal II-III secolo che lo studio dei geroglifici conobbe una rifioritura grazie ai manuali di Bolo di Mendes e all’abbondante letteratura attribuita a Ermete Trismegisto. Altro dato interessante atto a dimostrare la temperie culturale alessandrina è il vasto numero di opere che costituiscono la fonte “scientifica” del Physiologus: ricordiamo i Geroglifici di Horapollo, gli scritti isiatici di Plutarco, Sulle simpatie e antipatie di Bolo di Mendes, sino a giungere a varie conoscenze di cui si trova traccia nei più antichi testi indiani, cinesi e mesopotamici.
Molte immagini di animali, nelle Scritture aborrite da Ezechiele come ripugnante idolatria, contribuiscono ora a far affiorare sia le influenze orientali in campo scientifico, sia, dal punto di vista della religione, la segreta continuità tra i simboli del Cristianesimo e quelli degli antichi misteri mediterranei. Il Physiologus, dunque, non è solo un valido esempio di un fruttuoso punto di incontro fra tradizioni, mentalità e lingue diverse, ma anche e soprattutto una delle più preziose testimonianze della combinazione tra varie prassi di intendere la religione e la spiritualità.
Fonti
Testo: Il Fisiologo, a cura, traduzione e introduzione di Francesco, Milano, Adelphi 2002 [1975]
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