La paralisi della scelta

Secondo Freud la libertà di scelta è solo un’illusione; l’inconscio infatti, legato a una memoria inconsapevole, a volte può entrare nei nostri progetti e desideri conducendoci ad azioni che sostituiscono quelle programmate. Freud basa questa teoria su quei piccoli fatti che riempiono la quotidianità, come i gesti mancati, i lapsus, le amnesie.

Il problema della perenne indecisione, dell’ambivalenza che affligge gran parte di noi, o comunque della quale tutti hanno avuto esperienza almeno una volta, è tutt’ora presente ma si potrebbe affermare che le cause si siano totalmente ribaltate: la difficoltà non nasce dentro di noi ma è indotta dalla società.

Come scegliere?

Davanti a mille opzioni differenti come scegliere la migliore? Tra tutte le possibilità esistenti che comportamento seguire? Che idea sostenere?

Il paradigma per cui maggiori sono le possibilità, maggiore è la libertà e più si è felici, per lo psicologo americano Barry Schwatz, autore del libro Il paradosso della scelta, perché più è meno, non rispecchia la realtà: con l’aumentare delle possibilità di scelta aumenta infatti anche l’ansia. Davanti a troppe opzioni nell’individuo sorge una tensione verso la perfezione difficilmente concretizzabile che è, pertanto, all’origine di uno stress controproducente.

Soppesare un numero eccessivo di pro e contro per ciascuna delle numerose scelte diventa difficoltoso e porta, anche una volta presa la decisione, a non provare soddisfazione, ma un rammarico per le opzioni scartate.

Può sembrare una questione banale se messa in relazione a decisioni di minima importanza, come l’acquisto di un prodotto o la scelta di un abito da indossare, ma se traslato a scelte di vita determinanti, come il percorso universitario, piuttosto che lavorativo, fino al campo degli affetti, la paralisi della scelta diventa un problema sostanziale.

Il troppo stroppia

Per la psicanalista Renata Salec oltre un certo limite, l’abbondanza rischia di disperdere le opportunità che le scelte offrirebbero e aggiunge che nella maggior parte dei casi, per quanto la scelta possa sembrare personale, non può non essere condizionata da una catena di possibili effetti e giudizi che si riavranno dalla propria rete sociale. Scegliamo dunque in base anche a quello che la società considera e impone essere meglio. La paura di sbagliare porta gli indecisi cronici a vere sensazioni di angoscia e al bisogno di approvazione e conferme esterne.

Gli indecisi sono pertanto condannati al rango di danteschi ignavi o sveviani inetti?

L’indecisione come virtù moderna

Per quanto studi a partire dagli anni Novanta abbiano dato valenza al problema, riscontrando come un impiegato ambivalente verso il lavoro abbia una produttività meno prevedibile e più instabile e un impegato ambivalente verso se stesso risenta di più di successi e fallimenti personali, l’indecisione sta subendo un processo di rivalutazione, fin quasi a diventare una virtù.

Secondo la psicologa sociale Nicoletta Cavazza ”si dà per scontato che l’ambivalenza crei tensione emotiva negativa, ma le persone la mantengono nel lungo periodo, senza risolverla. In realtà, essa permette di adattarsi meglio alle situazioni, rendendo gli atteggiamenti flessibili. Per il filosofo Joseph Burgo l’uomo è un animale ambivalente per natura, ma sa venire a patti con i sentimenti contraddittori che albergano in lui.

Meglio dunque essere tolleranti verso le nostre debolezze, ma senza smettere di provare a risolvere i nostri dubbi, cercando di orientarci attraverso i capisaldi della nostro essere, i valori e le esigenze.

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