Diverse volte abbiamo dato spazio all’autismo all’interno del giornale. Biologicamente determinato e con esordio nei primi tre anni di vita, l’autismo è una sindrome comportamentale che interessa prevalentemente la comunicazione e l’interazione sociale. I bambini affetti da autismo presentano modelli di comportamento ed interessi limitati e problemi di comunicazione e di interazione a livello emotivo. Le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute.
Con questo articolo vogliamo invece dare spazio all’ABA, l’analisi del comportamento applicata, che ”utilizza tecniche comportamentali derivate dai principi del comportamento per incrementare repertori comportamentali socialmente significativi e ridurre quelli problematici” (Skinner), proponendosi dunque come scienza efficace per correggere i comportamenti problema tipici dei bambini nello spettro autistico e fornire loro le abilità di base per costruire uno stile comunicativo socialmente accettabile.
Il metodo ABA propone dei percorsi individualizzati ed altamente flessibili, che prevedono il coinvolgimento massiccio della famiglia, a domicilio o in strutture specializzate. Le abilità già esistenti nel bambino nello spettro autistico vengono valutate e, sulla base dei risultati ottenuti, viene strutturato un programma che vada ad intervenire sulla aree deficitarie individuate. In particolare, si punta alla correzione dei comportamenti che interferiscono con l’apprendimento e con lo sviluppo, che provocano danni a chi li emette, ad altri o all’ambiente circostante, e che sono ritenuti socialmente inaccettabili. Ad esempio, si interviene su autostimolazioni, aggressione, autolesionismo, vocalizzazioni inappropriate e stereotipie, tramite l’applicazione dei principi comportamentali, per insegnare invece abilità sociali quali il linguaggio o il gioco.
L’ABA manipola il comportamento agendo sul suo antecedente e sul suo conseguente. Fondamentalmente, si utilizza il principio di rinforzo, dove con il termine intendiamo un qualsiasi evento che avviene subito dopo il comportamento emesso e che produce un aumento nel tempo del comportamento stesso. Alcune delle tecniche di cui il metodo si serve a questo scopo sono il prompting – la presentazione di un indizio per l’emissione di un comportamento che altrimenti non si presenterebbe perché non familiare al bambino –, il fading – ovvero la graduale riduzione degli aiuti –, lo shaping – il rinforzo delle risposte simili al comportamento che si vuole insegnare al bambino –, il chaining – l’insegnamento graduale di sequenze di comportamento troppo lunghe perché il bambino le interiorizzi in una sola volta –.
Anche la scuola può avere un ruolo importante nei progetti legati al metodo ABA. Il contesto scolastico permette infatti all’insegnate o all’educatore di agire su molte aree diverse: cognitiva, comunicativa, sociale, ludica… Soprattutto, la scuola permette il confronto del bambino con i suoi pari, che possono agire da modelli di riferimento e da elementi di confronto, favorendo l’acquisizione di abilità nuove e l’interiorizzazione delle abilità acquisite durante il lavoro individuale con il terapista.
In base alle ricerche, l’ABA risulta efficace; in particolare, i risultati migliori si ottengono quando l’intervento è precoce e prevede 30/40 ore settimanali di terapia per un periodo di almeno due anni. Un percorso lungo ed impegnativo, ma che mira a fornire al bambino le abilità di base per un’interazione normale con l’altro.
Fonti: www.scuolaba.it
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