”Doveva essere organizzata meglio, dovevano esserci più controlli, più forze dell’ordine a gestire la piazza.”
Inizia così il racconto di Lorenzo, giovane giornalista e studente di lettere alla Statale di Milano che si trovava a Torino durante i fatti di Piazza San Carlo.
“Sono entrato tranquillamente in piazza intorno alle 18:15, senza essere sottoposto a nessun controllo; solo una volta entrato mi sono reso conto della loro esistenza perché avevano fermato alcuni amici per controllare il contenuto dei loro zaini e delle borse. I poliziotti facevano buttare i contenitori in vetro ma a 40 metri dalla loro postazione ho visto dei venditori abusivi che vendevano birra in vetro messa al fresco dentro catini pieni di ghiaccio. Dopo circa un’ora in piazza ho deciso insieme ad una parte del nostro gruppo di andare a vedere la partita a casa di un amico torinese. Il rumore e le persone in piazza erano veramente troppo.”
“A metà del secondo tempo riceviamo la chiamata di un amico rimasto in piazza, ci avverte di quello che sta succedendo: ci dice che ha perso un amico che era con lui, che non sa cosa stia succedendo ma che è circondato di gente ferita che corre. Subito corriamo in strada: il suono delle sirene delle ambulanze era continuo, sembrava veramente un attentato. Con gli amici rimasti in piazza ci siamo trovati a casa di un altro amico che abita lì vicino e siamo rimasti fino alle 3 di notte.”
Il suo racconto è come un fiume in piena, è arrabbiato e si scusa per lo sfogo. Dopo avermi raccontato le vicende della serata inizia a ragionare sulla sicurezza, sull’Isis e su ciò che hanno visto i suoi amici in piazza. Mi racconta che domenica mattina sono tornati in centro e mi dice che le macchie di sangue rappreso erano ancora visibili sul selciato della piazza.
“Abbiamo iniziato a parlarne con gli amici, ci hanno raccontato della folla che correva è che gridava ‘bomba, bomba’… ovvio che quando ti trovi lì in mezzo o hai persone a cui vuoi bene in quella calca, rimani scosso. Il fatto che non ci sia scappato il morto è un miracolo. La gente ha paura, ha paura e scatta per un nonnulla. La situazione andava gestita meglio, ci volevano più forze dell’ordine e più vie di fuga; alcune persone hanno portato dei fumogeni in piazza, chiunque avrebbe potuto far entrare di tutto.”
Gli chiedo come hanno saputo degli attacchi di Londra: “Lo abbiamo saputo appena rientrati a casa. La mazzata finale della serata.”
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