Suoni neri e bianchi sederi: la nascita del jazz

Stati Uniti del sud, Profondo sud, the South o semplicemente Dixieland. Come si fa a parlare male di questi stati? La corrente del Golfo riscalda la brezza, dando un clima tropicale a tutta la regione. Inoltre la vastità dei campi di cotone e la fine della guerra di secessione hanno favorito il turismo africano verso questi stati, dal 1500 al 1865. La regione offre anche numerose attività ricreative per questi turisti, che vanno dalla coltivazione dei campi fino a numerosi lavoretti manuali. I “resort”, per i loro ospiti, mettono a disposizione braccialetti di metallo e divise su misura, “pacchetto vip” che offre tante altre attività, con la supervisione degli addetti alla struttura. In poche parole, un ambiente accogliente e prolifico per le vostre vacanze, all’insegna della tranquillità. È proprio in questi ambienti, ironia a parte, che si sviluppa il genere raffinato e sofisticato del jazz. La storia di questo genere è abbastanza breve e si può riassumere in 4 parole: Louis Armstrong, Charlie Parker.

Ma il jazz non è solo questo o per lo meno non lo era ancora. Più precisamente il jazz prende inizialmente forma dall’incontro della cultura africana e quella europea, attraverso le rotte degli schiavi in America e la colonizzazione di questa. Nelle piantagioni, i neri erano soliti intonare veri e propri canti, anche chiamati “work songs” o “plantation songs”, per vincere la loro condizione di schiavitù ed assoggettamento. Successivamente, attraverso la diffusione della parola del Signore da parte dei missionari cristiani, questi canti presero il nome di “spirituals”, poiché i testi erano tratti dalla bibbia. I canti corali ebbero molta diffusione tra gli schiavi anche perché i loro strumenti caratteristici, come tamburi e altre percussioni, venivano confiscati poiché i bianchi, in quanto padroni, pensavano che fossero usati per comunicare e incitare alla ribellione. Ma l’uomo bianco ha anche dei difetti. Infatti la tradizione europea fornì l’impulso e l’ispirazione a questi canti, attraverso la musica classica, da ballo, le marce, le opere liriche e gli strumenti come il piano e quelli a fiato. Da questo incontro, tra due opposti, bianco e nero, inizia a prendere forma qualcosa di nuovo. I ritmi si fanno sincopati e si lascia spazio ad un suono più vibrato, mentre, se nelle interazioni sociali prevale ancora una certa discriminazione, in questa musica prevale la libertà d’espressione degli strumenti solisti, caratterizzata dall’ improvvisazione. L’etimologia della parola è sconosciuta, ma si inizia a parlare di vero e proprio jazz nei primi anni del ‘900, a New Orleans, con L’Original Dixieland Jazz Band. I componenti, nati tutti a New Orleans, incisero il primo disco nel 1917 a New York. E proprio qui si fecero come “la band del culo”, ovvero “ass band”. Perché proprio così? Una delle versioni sull’etimologia del jazz è proprio questa. La prima data del tour si tenne a New York e le locandine recitavano “Jass band”. Non ci voleva di certo un genio per storpiare la parola, ma cosa bisogna dire? “So’ ragazzi”
E così si dovette cambiare il nome in quello che tutt’ora conosciamo come jazz. Ebbe una notevole diffusione poi nel resto dell’America, dovuta alla chiusura, durante la prima guerra mondiale, dei storyville (bordelli) di New Orleans ed alla migrazione dei musicisti con i battelli (Brass Band) verso nord lungo il Mississippi, durante gli anni ’20. Il resto della storia verrà scritto dalla straordinaria abilità dei musicisti, come King Oliver, Louis Armstrong, Bix Beiderbecke, Duke Ellington, Jo Jones e Bessie Smith, che portarono questo genere ai massimi livelli, fino a farne una vera e propria scuola d’arte.

Credits immagini: img1, img2, img3

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