Patrimonio lirico e cantautorato: se la musica è letteratura

Pensa ai cinque poeti italiani più celebri a livello popolare degli ultimi 50 anni. Fatto? Non riesci a completare il giro di dita di una sola mano? Forse parrebbe sufficiente allargare lo sguardo oltre il confine, o cambiare punto di osservazione. L’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura 2016 a Bob Dylan e la recente consegna della laurea honoris causa in Lettere Moderne e Classiche a Patti Smith da parte dell’Università degli Studi di Parma, rappresentano svolte significative effettuate da parte della comunità intellettuale sulla questione valutativa della canzone d’autore, genere che rientra ormai a pieno titolo nella storia della poesia contemporanea.

In Italia, già negli anni Sessanta-Settanta del secolo XX, si verificarono i primi sporadici contatti tra parolieri, musicisti ed intellettuali antologizzati – si pensi alla resa musicale di Modugno de Le Morte Chitarre di Salvatore Quasimodo, del 1960 – , a cui seguì una rottura piuttosto profonda con la tradizione melodrammatica nazionale e la nascita della figura del cantautore, che ingloba in sé tre livelli di espressione: voce, testo e musica. Ad una più vasta rivoluzione politica e sociale, decretata dall’intervento attivo dei giovani nelle piazze, corrispose la diffusione di nuovi gusti musicali, sotto l’influenza della scuola folk e rock americana e per azione delle prime radio indipendenti. Il rapporto tra artista e pubblico selezionato è alla base del legame inesauribile tra le manifestazioni moderne dell’arte del cantautorato con quella antica dei trovatori medievali e dei lirici greci, autori di poesia musicata d’occasione.

Le fonti letterarie per i moderni da cui trarre ispirazione sono molteplici: se da una parte Pier Paolo Pasolini ha offerto direttamente il suo genio letterario alla compagna artistica Laura Betti per Macrì Teresa detta la Pazza, avvertendo l’oralità – in opposizione alla vocalità della canzonetta – e la teatralità come condizioni necessarie per distinguere la canzone dalla poesia, dall’altra Angelo Branduardi in Notturno (La Luna, 1975) non ha fatto che rendere contestuali e dilatare le medesime parole di un frammento di Alcmane (fr.89 Page), lirico di Sparta del VII sec. a.C.. Lo stile lineare e creativo e la rappresentazione dei sentimenti ancestrali dell’uomo, in grado di impressionare e far riflettere il fruitore del messaggio artistico, sono ulteriori prove della comunanza dell’intento letterario della poesia per definizione e della canzone cantautorale.

La concretezza genuina e carnale delle parole di Saffo, la madre della poesia occidentale, che descrivono il dolore della passione e l’azione di Eros “che i membri altrui discioglie” (fr. 130 Voigt) tornano prepotentemente nell’amore smarrito di De André “che strappa i capelli” (Canzone dell’amore perduto, Nuvole Barocche, 1969); la spudorata erudizione filosofica e il citazionismo sono le chiavi di costruzione di Di passaggio, brano di Franco Battiato (L’imboscata, 1996) sull’inesorabilità del tempo, che si apre con la lettura in lingua originale di un intervento del filosofo oscuro Eraclito (fr.88) e si chiude con quella dell’epigramma 23 del poeta-filologo Callimaco sull’immortalità dell’anima.

Nonostante la distanza spazio-temporale, sembra quasi possibile tracciare una linea che scavalchi i millenni e le terre e che ponga su un unico tracciato i letterati di oggi, di ieri e di domani, che assolvono il compito sia di tramandare una memoria collettiva, sia di dar voce a nuove esperienze creative attraverso mezzi e canali solo all’apparenza di prestigio diverso.


Credits: Img.

Fonti: La Repubblica;

Università di Siena;

Fabio Francione (2013), Pasolini sconosciuto, Falsopiano.

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