“Era alta, molto sottile, nera di capelli, bianca e rosa in volto. Aveva la testa piccola, dei lunghi occhi smaltati come una giapponese, le labbra rosse come ciliegie, i più bei denti del mondo […]”[1]
Alexandre Dumas così dipinge la donna che diventerà la più grande protagonista del melodramma italiano: Violetta Valéry, la Traviata. La colta ed affascinate cortigiana attraversa la letteratura ed il melodramma, ma nasce dalla società parigina che si ritrova nei salotti lussuosi e nei ridotti dei teatri. Lo scrittore si ispira alla più richiesta cortigiana di Parigi, Alphonsine Rose Plessis, per creare La Dame aux camélias, romanzo dal quale verrà tratto il soggetto per la celeberrima Traviata verdiana del 1853.
Violetta Valéry, spesso appiattita dalle interpretazioni stereotipate, che la delineano come una donna frivola, amante dei vizi, del lusso e delle feste, capace di provare un vago pentimento cristiano alla fine dell’opera, è in realtà un grande personaggio realistico e dinamico, psicologicamente raffinato e complesso. Giuseppe Verdi traduce tutta questa complessità in musica, sfruttando al massimo la capacità del soprano che la interpreta, sia dal punto di vista tecnico che interpretativo.
Le doti tecniche che la parte di Violetta richiede emergono dalla famosa cabaletta del primo atto Sempre libera. L’indicazione che guida la conclusione di questo primo atto è assai brillante e la voce del soprano intona una linea melodica estremamente complessa, caratterizzata da elaborati abbellimenti come ripide scale discendenti ed ampi intervalli, che arrivano a toccare i sovracuti (do5). La voce esplora la sua tessitura più acuta e brillante: è la Violetta che vuole volteggiare da un piacere all’altro, libera da ogni vincolo, persino da quello amoroso di Alfredo.
I dubbi iniziano però a colpirla, sente di voler amare, anche se riesce a reprimere, ma questa sua tensione emotiva riemergerà potentemente poco prima della sua morta, nell’intenso e struggente Addio del passato. In questo ultimo momento solistico Violetta mostra che la sua trasformazione si è compiuta: il suo sacrificio, per evitare lo scandalo di un’unione inaccettabile con Alfredo, che avrebbe irrimediabilmente rovinato anche la reputazione della sorella, è ormai compito. Pallida e debolissima intona con un filo di voce la strofa che darà il titolo all’opera: lei stessa si definisce la traviata alla quale Dio deve concedere il perdono. La grazia vocale delle colorature e dei virtuosismi del Sempre libera viene sostituita dalla sua bellezza umana commovente, raggiunta intonando una linea melodica in pianissimo, dolce e legato, priva di rapidi abbellimenti, ma impreziosita da note acute lunghe e tenute, come se fossero un dolente sospiro.
Non importa quale nome possa assumere, se Violetta, Marguerite, Marie oppure Alphonsine, questa donna bella, affascinante e coinvolgente attraverserà ancora numerosissimi allestimenti, restando sempre viva ed attuale.
In copertina: Anna Moffo in La Traviata di Giuseppe Verdi, film di Mario Lanfranchi, 1967.
FONTI:
Emilio Sala, Il valzer delle camelie, echi di Parigi nella Traviata, Torino: EDT, 2008.
La traviata: melodramma in tre atti: partitura di Giuseppe Verdi ; libretto di Francesco Maria Piave, Milano: Ricordi, 1986.
[1] Alexandre Dumas, La Dame aux camélias, Bruxelles: Lebègue, 1848; tr. it. La signora delle camelie, Milano: Gente, 1990.
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