Sono trascorsi più di 30 anni dal 5 settembre 1981, data in cui il parlamento italiano decise di abrogare il delitto d’onore. Per delitto d’onore s’intende l’atto di cogliere in flagrante il proprio coniuge in adulterio e decidere di ucciderlo insieme all’amante per riscattare l’affronto.
In Italia quindi, uccidere per mantenere una certa reputazione era legittimato. L’analogo delitto, con un’ altra motivazione invece, veniva condannato senza attenuanti. Questo perché l’adulterio era considerato una grandissima offesa in grado di compromettere per sempre le vittime e le loro famiglie.
L’ articolo 587 che regolava il “ regolamento dei conti ” recitava:
“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.”
L’art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse qualsiasi individuo per rimediare ad un torto subito.La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato d’ira che legittimasse l’ atto. Statisticamente, nonostante fosse permesso anche alle donne di uccidere, erano proprio queste ultime ad essere le vittime. Per le donne che tradivano o venivano stuprate, oltre all’eventuale uccisione, vi erano altre forme di punizioni. Ad esempio, una donna che veniva stuprata poteva essere data in sposa al suo aguzzino. In questo modo si rendeva legale la violenza carnale, e lo stupratore non doveva scontare alcuna pena.
L’articolo a proposito del matrimonio riparatore era il n. 544 del Codice Penale:
“Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”
Anche se sembra impossibile crederlo, fino a trent’anni fa la giurisdizione italiana legittimava lo stupro e l’omicidio, togliendo ogni dubbio sulla condizione di essere inferiore attribuita alla donna. Le disposizioni sul delitto d’onore e sul matrimonio riparatore, infatti, sono state abrogate con la legge n. 442 appunto del 5 settembre 1981.
Quello che è sconvolgente, e straordinario allo stesso tempo, è che un traguardo così importante per tutte le donne italiane sia stato raggiunto proprio da una di loro. Da una ragazza di diciassette anni di nome Franca Viola. Nel 1965 Franca, originaria della Sicilia, viene rapita e stuprata ripetutamente da quello che era il suo ex fidanzato. Al suo rilascio, com’era consuetudine, la famiglia del ragazzo chiamò quella della ragazza chiedendo come volessero procedere. Bisogna immaginare la telefonata. Il padre di Filippo Mediola (così si chiamava il giovane stupratore) chiama il padre di Federica
“Senti.. c’è questa cosa da risolvere.. u picciriddu ha perso un po’ la testa.. sai come sono questi picciotti moderni… quindi niente, se vuoi ammazzartelo o diventare suo suocero fammi sapere. Stai bene”
E qui, come in ogni grande storia che si rispetti, c’è il colpo di scena, quello che all’americana viene definito plot twist. Infatti il padre di Franca scarta le due ipotesi: non vuole vendicare la figlia uccidendo un giovane né consegnare sua figlia proprio a colui che le aveva fatto male. Così opta per una terza opzione, e cioè quella di affidarsi alle forze dell’ordine: Perché negli anni sessanta, anche se non si vedeva spesso, la polizia c’era.
Inizia così il processo a Filippo e ai suoi complici, precisamente Il 9 dicembre 1966. Come da programma, La famiglia di Franca subì innumerevoli angherie e minacce durante tutto il processo. Come se non bastasse, parallelamente al processo ai suoi aguzzini, Franca subisce a sua volta un processo con l’accusa evergreen di essersi andata a cercare lo stupro, in quanto prima dell’ accaduto era felicemente fidanzata con Filippo. Dopo sette ore di camera di consiglio, Melodia viene condannato a 11 anni. Gli vengono imputati la violenza carnale, la violenza privata, le lesioni, le minacce e il ratto a scopo di matrimonio.
Da 23 anni a 11, la condanna a Filippo Melodia non è esemplare ma è significativa: sull’esempio di Franca infatti, da quel momento in poi centinaia di ragazze iniziarono a dire no ad un sistema socioculturale che le vedeva solo come mogli e figlie.
Fonti:
Un commento su “Franca Viola, Un “no” che cambia la storia”