Considerato come uno dei più grandi pittori dell’universo femminile, Gustav Klimt è in grado di cogliere la femminilità in tutte le sue forme, analizzando il rapporto tra tempo e conseguente perdita di bellezza; le sue donne sono cariche di fascino e avvolte dal mistero, emergono dall’oro con sguardi languidi e talvolta spietati, raffigurate in pose plastiche che le rendono un tutt’uno con la natura che le circonda. Proprio per questo Klimt viene definito il pittore dell’erotismo, gli sguardi delle sue donne infatti ci invitano ad osservarle più fa vicino, quasi a creare un momentaneo legame con loro.
Questo forte senso dell’erotismo domina sicuramente una delle prime opere del periodo cosi detto aureo di Klimt, ovvero Giuditta I (1901).
Il dipinto è una rivisitazione della famosa storia biblica che narra proprio di come Giuditta tagliò la testa al giovane Oloferne, per vincere l’assedio sotto cui era tenuta la sua città, Betulia. La donna diventa subito emblema del potere di seduzione femminile, in grado di vincere anche sulla pura forza e violenza maschile; Giuditta incarna così la figura della femme fatal, che con il suo fascino incarna il sentimento di amore e morte. I tratti di Giuditta sono probabilmente quelli di Adele Bloch-Bauer, esponente dell’alta società viennese e forse anche amante del pittore, della quale Klimt eseguì due ritratti. Nella prima tela dedicata alla donna del 1907, Adele sembra fondersi con l’oro che la circonda, si fanno spazio però tra la preziosità del materiale le mani, lo scollo e il viso della donna, il cui sguardo carico di quella seduzione la rende tanto attraente quando maliziosa; la bocca socchiusa, la luminosità del volto e le mani nervosamente intrecciate rendono anch’essa una femme fatal, dove si riconosce la carica erotica e il senso di fugacità della vita.
Il periodo aureo di Klimt lo porta alla creazione di quello che è considerato il suo capolavoro assoluto, ovvero Il Bacio.
I due amanti, strettamente vicini e abbracciati, si lasciano trasportare in questo luogo astratto che sembra quasi eterno. L’uomo e la donna posano su un letto di fiori, simbolo forse di un amore in continua fioritura e di una natura partecipe al trionfo dell’eros. La donna si lascia trasportare dall’amore del suo amato ed è assuefatta completamente, le braccia dell’uomo la cingono in un delicato abbraccio; proprio il viso della donna, con gli occhi chiusi, carica l’opera di una forte sensualità. L’antitesi tra sesso femminile e sesso maschile, suggerita dalla diversa decorazione delle tuniche, si annulla; Klimt celebra dunque la potenza dell’eros che unisce e così i due mondi opposti di compenetrano l’un l’altro.
Il tema caro al pittore della precarietà della vita e dello scorrere del tempo è affrontato in maniera molto evidente nell’opera Le tre età della donna (1905).
Raffigurate in maniera simbolica le tre fasi della vita di una donna: l’infanzia, la maternità e la vecchiaia. Le tre figure femminili sono tanto legate tra loro quanto distanti: la giovane donna e la piccola bambina che tiene in braccio hanno un aspetto sereno, come avvolte da un mondo onirico, esse sono raffigurate con tonalità chiare, per enfatizzare il loro stato di purezza; al contrario la donna anziana, curva su se stessa, si copre il volto con una mano, come a non voler vedere l’imminente morte, annunciata dal tetro colore della sua pelle. Questo capolavoro di Klimt rimane un grande esempio di quello che definirei realismo astratto, nonostante sia collocato in un mondo inaccessibile, esso raffigura la nostra vita dalla nascita alla morte.
Credits:
fonti: guida del Belvedere di Vienna; il mondo di Gustav Klimt; monografico di Klimt edizione Giunti
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