Anna Frank: una fedele testimonianza dell’Olocausto

“Capii che la paura non aiuta e non serve a nulla”

Il “Diario di Anna Frank” è una raccolta di scritti, in forma di diario, stilata da una giovane Anna tra il 1942 e il 1944. L’opera racconta l’esperienza di Anna Frank, costretta a nascondersi con la sua famiglia per evitare di essere catturata e trasportata nei campi di concentramento.

Prima dell’ascesa al potere di Adolf Hitler, Anna era una bambina normale. Annelies Marie Frank, detta Anne, nasce il 12 giugno 1929 a Francoforte sul Meno. Figlia minore di Otto Heinrich Frank e di Edith Frank dopo la sorella Margot Elisabeth Frank, crebbe in una comunità mista in cui convivevano famiglie di fede cattolica, protestante ed ebraica. L’educazione delle figlie era destinata principalmente al padre, Otto – ragion per cui, durante la stesura dell’opera, Anna sottolineerà ripetutamente il legame che scorre tra lei e il padre e il disappunto che, nonostante i vani sforzi, provava nei confronti della madre. Nel 1934, la famiglia si trasferì ad Amsterdam – portati dal lavoro del padre – dove molti tedeschi di origine ebraica si erano rifugiati a seguito di varie dimostrazioni antisemite a causa della vittoria di Hitler alle elezioni comunali nel 1933. Nel 1940, l’Olanda fu occupata dai tedeschi, perdendo così la neutralità che aveva cercato di mantenere per otto lunghi anni. Di seguito, vennero promosse delle leggi antisemite che toglievano loro i diritti, come l’esclusione dalla vita sociale e da quella pubblica, l’obbligata catalogazione in un apposito registro anagrafico, l’obbligo di portare sui loro capi una stella gialla che li contrassegnava in quanto ebrei. Il 12 giugno 1942, per il tredicesimo compleanno, Anna ricevette un piccolo diario sul quale iniziò a trascrivere i suoi pensieri immaginandosi una corrispondenza con alcune vecchie amiche. Il 5 luglio 1942 Margot ricevette un invito a comparire ai fini di una successiva deportazione in un campo di lavoro. Questo spinse Otto Frank a nascondersi con l’intera famiglia iniziando una vita in clandestinità che durò due anni.

Il 4 agosto 1944, la Gestapo, a causa di una segnalazione che rimase anonima, irruppe nel nascondiglio in cui risiedeva la famiglia. Quattro giorni dopo vennero portati nel campo di smistamento di Westerbork e il 3 settembre 1944 Anna Frank venne caricata sull’ultimo treno merci in partenza per Auschwitz, dove giunsero tre giorni dopo. Anna e la sorella Margot trascorsero un mese nel campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau e successivamente vennero mandate a Bergen – Belsen dove morirono di tifo. Solo Otto Frank sopravvisse al campo di concentramento e il 3 giugno 1945 tornò ad Amsterdam presso l’amica Miep Gies, la quale dopo aver conservato per anni il diario di Anna con l’intento di consegnarlo esclusivamente alla proprietaria, lo consegnò ad Otto che, dopo averne modificato la grammatica e la sintassi e omesso alcune parti ritenute troppo private, pubblicò il manoscritto nel 1947 con il titolo di “Het Achterhuis” (“L’alloggio segreto).

All’interno del diario, Anna racconta la sua reclusione in un alloggio segreto e le problematiche che ne derivano. La convivenza non è assolutamente facile e talvolta i rapporti si inclinano. Anna è nella fase dell’adolescenza – periodo turbolento in cui emerge la ribellione nei confronti dell’autorità, il rifiuto delle regole e la voglia di libertà – periodo che Anna trascorre all’interno delle mura domestiche e a stretto contatto con i propri famigliari. Anna viene descritta come una bambina vivace, piena di interessi e di entusiasmo – malgrado il periodo afflitto da gravi avvenimenti – estroversa ed impulsiva. Stabilisce un forte legame con un altro rifugiato, Peter, e trascorre le sue giornate leggendo e studiando materie umanistiche. I racconti hanno vari destinatari – alcuni reali e altri immaginari – a cui Anna racconta le proprie giornate apparentemente normali, le curiosità e i suoi sentimenti contrastanti, come la sofferenza portata dal silenzio forzato, l’impossibilità di vivere, la paura di essere scoperta e la possibilità di pubblicare il suo romanzo una volta finita la guerra. Anna, nonostante la sua giovane età, aveva ponderato dei progetti editoriali pensando ad un futuro come scrittrice. Questo era il suo sogno: diventare una scrittrice e, benché la sua vita venne stroncata troppo presto, molto probabilmente sarebbe stata entusiasta nel vedere la sua opera all’interno delle case editrici più importanti del paese e di come la sua voce abbia aiutato a ricostruire un periodo estremamente difficile, turbolento, pieno di paura, di orrore e sofferenza. Anna con il suo diario ha trovato un modo per superare le giornate buie di reclusione forzata tra le mura di casa, per superare il timore che incorreva nell’animo di tutti gli ebrei e per testimoniare come il regime nazista abbia influito sulle loro vite e come sia riuscito a terminarle.

Anna aveva l’audacia di guardare oltre, di pensare che un giorno tutto si sarebbe sistemato. Nel suo diario scrisse: “Pensa a tutta la bellezza ancora rimasta attorno a te e sii felice

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