Un museo dei fallimenti come chiave per il successo

Nel bene o nel male, la vita non è fatta di soli successi. A tutti è capitato di commettere un errore che ha avuto come conseguenza un sonoro fallimento. L’importante è riconoscere di aver sbagliato e imparare dall’errore, così come ci viene insegnato fin dalla tenera età. Se sbagliare è umano e dietro alle aziende ci sono persone – anche se spesso tendiamo a dimenticarlo pensandole come entità irraggiungibili e inanimate – anche loro non sono esenti dal rischio di fallire. Un momento tanto cruciale quanto delicato come la creazione di un nuovo prodotto nasconde insidie non solo per le imprese novizie che stanno compiendo i primi incerti passi sul mercato, ma anche per le più consolidate multinazionali. Certo, è più facile per noi consumatori (e conveniente per loro!) ricordarne i successi piuttosto che i prodotti flop per il semplice fatto che questi ultimi hanno avuto talmente poca presa sui consumatori da entrare e uscire dalla loro mente con la velocità con cui sono stati lanciati e ritirati dal mercato. Tuttavia, qualcuno che non ammette che il ricordo a riguardo si spenga c’è.

Il suo nome è Samuel West, psicologo aziendalista che ha fatto del fallimento un vanto. Ad attrarlo sono gli epic fail, quei prodotti lanciati sul mercato con le migliori aspettative ma che invece si sono rivelati dei buchi nell’acqua. Nel corso degli anni West ha raccolto ben 51 di questi cimeli, esibiti nel “museo dei fallimenti” che inaugurerà il 7 giugno 2017 in Svezia, nella città di Helsinborg. Come preannunciato dalle otto tappe previste per l’anno in corso, la mostra non rimarrà confinata al Paese scandinavo, ma approderà temporaneamente in otto città del mondo, da Berlino ad Amsterdam, da Istanbul a Miami.

Sembra quindi che qualcuno abbia a cuore che alcuni oggetti sopravvivano alla prova del tempo non tanto per il loro successo, ma esattamente per il motivo opposto. Il museo raccoglie infatti quelle trovate commerciali fallimentari per i motivi più disparati, legati a un’idea sbagliata in partenza, alle tempistiche di realizzazione e lancio non adeguate, alla percezione negativa da parte dei consumatori o semplicemente a una realizzazione scadente. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il museo dei fallimenti finisce per celebrare il fallimento come fase di transizione, da non demonizzare bensì da accettare. Un insegnamento questo, che va ben oltre l’ambito commerciale. West sostiene che mentre il successo è noiosamente ripetitivo, ogni flop è memorabile a modo suo, oltre a essere la chiave di ogni futuro successo.

«L’apprendimento è l’unico processo che trasforma il fallimento in successo. Se non impari dai tuoi fallimenti, allora hai fallito davvero», afferma West.

Ma veniamo alla parte divertente: quali sono i curiosi prodotti esibiti nel museo?

Molto spesso si tratta di scivoloni di aziende che hanno provato a lanciare sul mercato delle estensioni dei propri prodotti di punta. È il caso delle lasagne surgelate marchiate Colgate (foto di copertina) una delle rare eccezioni per cui lo storico brand si è allontanato dal mondo dell’igiene orale. Sulla scia del successo che i prodotti surgelati stavano riscuotendo negli anni ’80, Colgate ha deciso di tentare la sorte. Non l’avesse mai fatto! Memore dell’enorme fallimento, forse è proprio in seguito a questo flop che l’impresa ha adottato l’approccio estremamente conservativo che la caratterizza, limitandosi all’introduzione di nuovi gusti per i suoi dentifrici. Una chicca: sulla confezione delle lasagne viene consigliato di gustarle prima di lavarsi i denti con dentifricio rigorosamente Colgate.

Coke BlaK

Un altro clamoroso flop di una grande multinazionale è quello che ha convolto Coca Cola. Per continuare a stimolare la propria clientela, si sa, nuovi prodotti rappresentano l’asso nella manica. Così nel 1984 il brand ha deciso di lanciare sul mercato la Coke II o New Coke, come era stata inizialmente battezzata. Non semplicemente questo prodotto avrebbe dovuto affiancarsi alla celeberrima bevanda zuccherina per cui il brand è conosciuto a livello mondiale, ma addirittura sostituirla. Troppo amata dal pubblico, è quasi inutile dire che la Coke II non ha neanche sfiorato lontanamente il successo della Coca Cola classica. La stessa sorte è toccata alla Coke BlaK lanciata nel 2006. La peculiarità di questa bevanda era il marcato gusto di caffè che ha fatto storcere il naso ai consumatori, come anche l’eccessiva caffeina in essa contenuta.

Profumo di Harley-Davidson

Harley Davidson, icona del mondo motociclistico e di uno stile di vita, nel 1996 si è lanciata sui profumi con la linea “Hot Road”. Le colonie, dalle note boscose e aroma di tabacco, secondo le aspettative avrebbero dovuto dare una marcia in più agli appassionati delle due ruote, che però preferiscono di gran lunga il profumo dell’aria fresca che scompiglia i capelli e l’odore di pelle della sella.

Trump the game

Uno dei pezzi più attuali della collezione riguarda niente di meno che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La politica non è di certo un gioco, ma oltre ad essere un grande imprenditore e un presentatore televisivo, il tycoon in passato aveva pensato anche di imprimere il proprio marchio di fabbrica anche su un gioco da tavolo. Nel 1989 e nel 2015, “Trump the game” è fallito ben due volte.

Si potrebbe continuare a raccontare le storie di queste singolari trovate aziendali, passando dal Nokia N-Gage ideato per far concorrenza ai Game Boy di Nintendo, alla penna Bic da donna pensata per essere impugnata solo da rappresentati del gentil sesso e peraltro molto più costosa di una tradizionale, ma la cosa migliore è visitare la pagina Web del museo dei fallimenti (http://museumoffailure.se/) e lasciarsi sedurre da questi prodotti estinti.

 

Fonti:

www.businessinsider.com 

www.tpi.it

www.corriere.it 

www.rivistastudio.com

Crediti immagini:

Immagine 1, Immagine 2, Immagine 3, Immagine 4

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