IT – Il capolavoro horror di Stephen King

«Vuoi la tua barchetta, Georgie?» domandò Pennywise.
«Sì, certo» 
ripeté George, guardando nello scarico.
«E un palloncino? Ne ho di rossi, verdi, gialli, blu…»
«Volano?»
«Se volano? Oh sì, eccome se volano Georgie, e quando sarai quaggiù con me, tu galleggerai.»
[…] «Tutto quaggiù vola», bisbigliò la lurida voce sghignazzante e a un tratto ci fu lo schiocco di una lacerazione e contemporaneamente una vampata accecante di dolore, poi George Denbrough non seppe più nulla.

 

Una barchetta di carta che naviga veloce nei rivoli di pioggia lungo i marciapiedi, un bambino con un impermeabile giallo che la rincorre, un clown in un’apertura di scarico. Poi più nulla. Così inizia It, capolavoro horror che ha consacrato Stephen King indiscusso Maestro del brivido.

A Derry, una tranquilla cittadina del Maine, It, un’entità mostruosa, si risveglia da un sonno trentennale, iniziando a uccidere bambini e ragazzi per nutrirsi. Ad affrontare It nella calda estate del 1958 c’è solo il Club dei Perdenti, formato da sette ragazzini: Bill Denbrough, capo dei Perdenti e soprannominato “Tartaglia” per la sua balbuzie; Ben Hanscom, brillante e ingegnoso, chiamato “Covone” per la sua stazza corpulenta; Beverly Marsh, unica ragazza del gruppo, spesso picchiata dal padre e dotata di una mira fantastica tanto quanto la sua chioma rossa; Richie Tozier, alias “Boccaccia” così chiamato per il vizio di non saper tenere a freno la lingua, nemmeno nelle situazioni peggiori; Eddie Kaspbrak, ragazzo gracile e perennemente assillato dalla madre iperprotettiva; Stan Uris, estremamente razionale e con la passione del birdwatching; e infine, Mike Hanlon, unico ragazzo di colore di tutta la città.

Quando, molti anni dopo, It riprende a seminare la morte, è proprio Mike, in virtù di una promessa fatta anni addietro, a richiamare a Derry i suoi amici ormai diventati adulti. It era stato solo ferito e l’incubo è ricominciato, ma i Perdenti sono più decisi che mai ad eliminare It una volta per tutte.

Copertina del libro

It è un romanzo monumentale sotto tutti i punti di vista: le sue 1300 pagine custodiscono una storia complessa, supportata da una scrittura potente in grado di rendere vivida qualsiasi immagine, qualsiasi descrizione e – persino – qualsiasi profumo. Ciò che dà corpo e significato alla vicenda è soprattutto il rapporto di amicizia tra i sette ragazzi, un legame intenso e incredibilmente autentico agli occhi del lettore, capace di spazzare via le paure e di trascendere il tempo e lo spazio.

Stephen King riesce in un’impresa ardua per qualsiasi altro scrittore: adotta perfettamente il punto di vista dei bambini, soli in un mondo di adulti indifferente che finge di non sapere della presenza di It, rendendo palpabile la loro disarmante innocenza e vivacità ma anche il difficile ingresso nell’età adolescenziale. L’attenzione al mondo dell’infanzia è palese fin dalla dedica del libro ai suoi tre figli, in cui si legge: “Ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste”. Ed è proprio magia quella che scaturisce dal cerchio formato dai sette ragazzini che, con un patto di sangue, si giurano eterna amicizia e lealtà.

King proietta il lettore in una città malvagia, dai toni cupi, spaventosa proprio perché realistica e credibile in tutti i suoi aspetti.  L’intreccio tra passato e presente è giocato con grande maestria: nei primi capitoli la struttura a incastro si snoda in modo più lento e dilatato, per poi prendere velocità proprio come la barchetta di George Denbrough. Durante la lettura, nuvoloni carichi di elettricità si addensano sempre più minacciosi e scaricano una pioggia di fulmini nel gran finale: nel capitolo conclusivo sono raccontati i due scontri con It, in un’alternanza vertiginosa di paragrafi, ricucendo così lo strappo tra età infantile ed età adulta.

It non è solo un pagliaccio, ma assume le sembianze di ciò che ciascuno teme di più – una mummia, un lupo mannaro, un lebbroso. A fronteggiarlo sono dei bambini che lottano, quindi, con il simbolo dei propri disagi e contro la paura stessa, una paura che – come ci insegna il Club dei Perdenti – può essere sconfitta ed esorcizzata. D’altra parte, è bene ricordare che lo scontro finale con It avviene quando i ragazzi sono ormai adulti, quando hanno perso gran parte della loro immaginazione e, quindi, della loro forza. Ed è qui che Stephen King si trasforma anche in maestro di vita: il bene trionferà sempre, ma, spesso, è dal fallimento che proviene la forza per superare gli ostacoli e sconfiggere il male.

Tim Curry nei panni di It in una scena della miniserie televisiva degli anni ’90

Credits: Immagine 1, Immagine 2, Immagine 3, Immagine 4

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