Casa di bambola, il primo spettacolo teatrale femminista

Casa di bambola è un’opera teatrale norvegese scritta nel 1879 da Henrik Ibsen, il secondo drammaturgo più rappresentato al mondo dopo Shakespeare. L’opera è stata scritta durante un soggiorno dell’autore ad Amalfi, infatti l’Italia viene menzionata all’interno dell’opera, ed è stata messa in scena per la prima volta il 21 dicembre 1879 a Copenaghen, suscitando scandalo per i temi trattati.

Nora è una casalinga borghese consacrata al focolare domestico e teneramente innamorata del marito, l’avvocato Helmer, da poco nominato direttore di banca. Civettuola, svampita e sperperatrice di denaro, viene trattata dal marito come una bambina o come un animaletto capriccioso, ma l’avvocato ignora gli enormi sforzi fatti da sua moglie per salvargli la vita. Tempo prima l’avvocato era in pericolo e la sua unica possibilità di salvezza era un costoso viaggio in Italia; la donna racimolò il denaro necessario per il viaggio, indebitandosi di nascosto e compiendo grandi sacrifici per restituire la cifra. Nora avrebbe voluto che suo padre facesse da garante, ma per non rattristarlo falsificò la sua firma; purtroppo la data scritta su tale obbligazione era successiva a quella della morte dell’uomo, così Nora rischia la prigione. Il signor Krogstad, colui che ha prestato la somma di denaro a Nora, è stato licenziato da Helmer per alcune firme false e approfitta della fragile situazione della donna per ricattarla.

Nora è disperata, non vuole confessare al marito ciò che ha fatto perché offenderebbe il suo orgoglio maschile, così finge che tutto vada per il meglio preparandosi per una festa in maschera. La situazione si risolve inaspettatamente: la migliore amica di Nora riesce a convincere Krogstad a non procedere con il ricatto. Il marito scopre la situazione di Nora e inizialmente si infuria, ma non appena viene a sapere che tutto si è risolto per il meglio la perdona. Qualcosa tuttavia è cambiato in Nora, la donna non vuole più vivere come una bambola del marito e decide di lasciarlo per diventare adulta, conoscere il mondo, educare se stessa.

Casa di Bambola è stato per anni ed è tutt’ora al centro del dibattito femminista in quanto tratta dell’emancipazione di una donna che da minus habentes alla mercè del padre e poi del marito, decide di trovare la propria strada anche a costo di rinunciare ai figli, sfidando la morale comune. Ma l’opera tratta anche il dramma del’individuo borghese contemporaneo, in cui le gravose convenzioni e sovrastrutture sociali gravano sulla coscienza del singolo impedendogli di essere ciò che desidera. In questo caso l’individuo è una donna e Ibsen è un vero e proprio pioniere nella questione femminile. Scriverà nei suoi appunti durante la stesura dell’opera: “Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna. L’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo”. Il personaggio di Nora fu ispirato a Laura Kieler, una scrittrice amica di Ibsen che fu protagonista all’epoca di uno scandalo non dissimile da quello che riguarda il personaggio dell’opera; tale situazione indica quanto fosse attuale all’epoca il tema dello spettacolo.

Lo stile di vita borghese è sotto accusa. Nora infatti ha sbagliato a falsificare la firma del padre ma lo ha fatto per amore, tutto ciò però è insignificante agli occhi della legge. L’ignoranza di Nora in fatto di diritto è dovuto alla sua condizione di donna soggiogata alla vita domestica, una situazione tipica per la borghesia vittoriana. Il marito di Nora è un borghese meschino e falso, aggrappato alla necessità di rispettare le convenienze esteriori, pronto a sacrificare i legami più autentici per difendere il proprio onore. L’uomo infatti attacca la moglie solo nel momento in cui la propria situazione sociale è compromessa per perdonarla repentinamente quando tutto si risolve e, schiavo della propria mentalità maschilista, non riuscirà mai a comprendere fino in fondo le ragioni dell’allontanamento di Nora. Il signor Krogstad, l’antagonista, è giustificato nel suo agire malvagio dalla triste condizione in cui la società borghese lo ha costretto. Tale situazione non è specificata, ma dalle parole di Krogtad si intuisce che tale personaggio è un crudele ricattatore solo per estrema necessità.

L’opera fu al centro di uno scandalo per i temi trattati, l’autore fu persino costretto a cambiare il finale dell’opera nella rappresentazione tedesca perché l’attrice protagonista rifiutò di recitare una parte che secondo lei rappresentava una madre degenere. Le copie del libro furono esaurite in poco tempo e venne prevista una ristampa, secondo l’autore non per la qualità dell’opera ma per il dilemma morale che poneva agli spettatori.

Molti considerano Casa di bambola un’opera femminista, ma non tutti sono d’accordo. Antonio Gramsci, nel 1917 considerava il gesto di Nora un’elevazione morale da parte della donna a discapito dei ruoli imposti dalla società vittoriana. Secondo altri, come lo psicanalista Georg Groddek, Nora presenta invece alcuni tratti tipici di una bambina viziata e schiava della propria condizione: afferma più volte, mentre chiacchiera con la migliore amica, di essere felice, anche a costo di mettere in imbarazzo l’altra, inoltre è civettuola, frivola, più volte inganna le persone intorno a lei ed è evidente che la situazione viene gestita dai personaggi maschili dell’opera, come il marito, lo strozzino, il dottore amico di famiglia.

E’ un dato di fatto che l’opera abbia sconvolto l’opinione pubblica e che abbia contribuito ad accendere il dibattito sull’emancipazione femminile.



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