Noir e macabro: quando il presente diventa “un’assurda normalità”.

Nel corso della storia della letteratura italiana, molti sono stati i movimenti e le correnti che sono stati in grado di incarnare i tratti più cupi della nuova epoca moderna. Purtroppo la maggior parte di questi o gli autori a loro appartenenti sono spesso dimenticati dall’impostazione dell’antologia media; un grande peccato, se si pensa che lo scarto maggiore rispetto alla cultura egemonica dei secoli passati, appartiene proprio a loro. Uno dei generi quasi dimenticati in Italia è quello del noir, che affonda le proprie unghie in situazioni metropolitane disagiate ed asfissianti o tra le lande desolate della campagna italiana, due mondi che giocano con il concetto di non-luogo e la “naturale violenza” dei nostri tempi.

Tra testi esemplari come Sacramenti di Alda Tedorani o Benzina di Elena Stancanelli, o ancora Ferite a morte di Serena Dandini, l’Italia sembra essere fonte e creatrice di grandi scrittori e scrittrici di noir  e giallo, due generi che spesso si mischiano tra di loro e con la scrittura di genere. In effetti, sembrerebbe che questo filone – nato in origine dal romanzo gotico del XVIII secolo e poi perfezionatosi nel XX secolo con il filone americano dell’hard boiled – sia il genere per eccellenza del neorealismo e del post moderno: reificazione del corpo, oggettivizzazione dell’Io, la costruzione di non-luoghi senza storia e senza ricordo – tipici della nuova società del XX-XXI secolo – sono gli elementi tematizzati all’interno di queste scritture. Il problema della violenza della metropoli, mostruosa e abnorme, si fonde in queste opere  con la questione di genere e il problema sociale, elementi che sempre più diventano importanti e preoccupanti nella società in cui viviamo. I vicoli o le piazzole di questi luoghi iper affollati o al contrario deserti come la piazzola di un distributore o la stanza d’albergo, diventano prefigurazione e (non) luogo di orribili delitti, così reali e così paranormali allo stesso tempo, tanto da frammentare chi li subisce, chi li attua e l’ambientazione stessa. La reificazione oggettificante è totale, e non salva nessuno: l’alienazione colpisce tutti gli elementi presenti in questo testo, compresi i non-nati come i bambini vittime della follia turbinante del mondo postmoderno.

Le pagine di questi autori ed autrici rispecchiano il grande problema del controllo, un controllo di grandi spazi e grandi movimenti sempre più sfuggente e lontano dalle reali aspettative. La parole dure e taglienti del noir, fanno riflettere sul futuro di un mondo sempre più connesso ma allo stesso tempo sempre più gettato nel caos da chi ripetutamente ci promette che tutto è tenuto sotto controllo.

Fonti

Il secchio di Duchamp, Usi e riusi della scrittura femminile in Italia dalla fine dell’ottocento al terzo millennio – Monica Cristina Storini

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