A Codigoro in provincia di Ferrara sorge l’abbazia di Pomposa che attira ogni anno turisti e devoti. Risalente al IX secolo raggiunge il massimo splendore nell’XI sotto l’abbaziato di Guido Strambiati, in seguito nominato San Guido.
Pomposa era nel Medioevo un grandissimo centro di diffusione culturale grazie ai suoi monaci amanuensi che vi risiedevano. Tra i monaci c’era Guido d’Arezzo che ideò la moderna notazione musicale fissando il nome delle note. Passò a Pomposa anche Giotto e lasciò la sua impronta negli affreschi del capitolo. Ma non fu il solo uomo illustre a soggiornare presso l’abbazia: il padre della letteratura italiana nella sua Divina Commedia cita Pomposa attraverso le parole di San Pier Damiani, che qui visse con San Guido.
Quello che però colpisce maggiormente i visitatori è la splendida conservazione degli affreschi trecenteschi non solo della chiesa, ma anche degli altri ambienti monastici.
La chiesa è suddivisa in tre navate divise da colonne romane e bizantine; la navata centrale culmina con un’abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno. Per la costruzione sono stati utilizzati mattoni di recupero e vari materiali di spoglio, sistema tipico nel Medioevo. Per questo motivo i capitelli delle colonne risultano tutti differenti, ma mantengono comunque una simmetria creata dall’abbinamento a coppie dei pezzi utilizzati. Il preziosissimo pavimento colorato di marmo in opus sectile – con elementi geometrici, motivi vegetali e animali mostruosi – rimanda alle decorazioni a fresco di scuola bolognese.
Sulle pareti delle navate appaiono – su tre registri sovrapposti – Scene dell’Antico Testamento, del Nuovo Testamento e dell’Apocalisse. Nell’abside è raffigurato Cristo in maestà posto tradizionalmente entro una mandorla, in atto benedicente e con il libro della parola nella mano sinistra. Intorno al Salvatore angeli e santi, sotto di lui gli Evangelisti, i Dottori della Chiesa e storie di Sant’Eustachio. Nell’affresco ci sono anche due ritratti: a destra del Redentore, introdotti da Maria, stanno l’abate committente Andrea e San Guido. Nella contro facciata una bellissima raffigurazione del Giudizio Universale. La paternità dell’intero ciclo pittorico è riconosciuta a Vitale da Bologna.
Più o meno nello stesso periodo lavora presso l’abbazia un diretto scolaro di Giotto, molto probabilmente Pietro da Rimini. A lui si devono gli affreschi della Sala Capitolare e soprattutto quelli del Refettorio del monastero. Nella prima sulla pareti appaiono San Benedetto e San Guido con profeti e una Crocefissione che non può non ricordare quella giottesca nella Cappella degli Scrovegni. Nel Refettorio invece vengono raffigurate una Deesis, l’Ultima Cena e il Miracolo di San Guido.
Affascina da lontano il visitatore l’altissimo campanile di stile romanico-lombardo costruito nel 1063 dall’architetto Deusdedit sotto l’abbaziato di Mainardo, come ricorda una lastra iscritta alla base della costruzione. La base, di forma troncopiramidale a gradoni, è realizzata con elementi marmorei di riutilizzo; sopra di essa s’innalza la vera e propria torre campanaria di base quadrata culminante con una copertura conica. Il vivace colorismo è creato alternando mattoni gialli e rossi a lastre marmoree di reimpiego. Il peso è alleggerito dall’inserimento graduale di finestrelle, crescenti per numero e ampiezza – dalle monofore alle quadrifore – verso la vetta della torre. Le finestre hanno anche lo scopo estetico di conferire maggiore eleganza alla struttura e quello pratico di propagare meglio il suono delle campane.
Un luogo magnifico ancora immerso nella sacra aura Medievale. Con i suoi affreschi, il grande campanile e il museo che raccoglie la storia del monastero, l’abbazia di Pomposa non può che affascinare il visitatore lasciandolo a bocca aperta.
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fonti: www.abbaziadipomposa.altervista.org
foto: dell’autrice