Lo spettacolo Ci scusiamo per il disagio che si è tenuto il 17 maggio nel Teatro Franco Parenti è il frutto di un esperimento anarco-antropologico ad opera della compagnia Gli Omini. Dopo aver osservato i passanti nella stazione ferroviaria di Pistoia, hanno messo in scena i segreti più reconditi delle persone che hanno incontrato: problemi famigliari, sogni proibiti, gusti sessuali, vizi, errori commessi, difetti caratteriali e molto altro ancora. Tre attori, due uomini e una donna, hanno interpretato una carrellata di personaggi dalle caratteristiche più disparate cambiando continuamente mimica e tono di voce. Inizialmente era difficile comprendere la struttura dello spettacolo, ma non appena fu evidente che gli attori stavano mutando continuamente personaggio, la visione è diventata molto più divertente. Attimi di esilarante comicità erano alternati a momenti di malinconia, rendendo unico e indimenticabile questo spettacolo.
La Sala 3 del Teatro Franco Parenti è molto piccola, può infatti ospitare non più di quaranta persone, perciò il clima era molto intimo e informale. Il palcoscenico non era sopraelevato rispetto alla platea ed era semplicemente contrassegnato da una pavimentazione in parquet; al centro si trovava una panchina, non dissimile da quella su cui i passeggeri attendono l’arrivo del proprio treno, e a lato un altoparlante trasmetteva i tipici messaggi registrati delle stazioni ferroviarie. Si trattava dunque di una scenografia minimal, che lasciava allo spettatore il compito di immaginare la stazione in cui si svolgevano i fatti.
I personaggi rappresentati, quasi tutti privi di nome, erano connotati dalla gestualità e dalla voce ed è stato interessante notare quanti volti possa assumere un attore, trasformando radicalmente se stesso in mille personaggi diversi. I tre artisti hanno anche vestito i panni di camerieri, offrendo durante l’intervallo del caffè solubile e dei cioccolatini agli spettatori.
Lo spettacolo è estremamente suggestivo e invita a riflettere su quanto sia tragico ma meravigliosamente variegato il genere umano: pur essendo schiavi di vizi, debolezze e sfortune differenti, siamo tutti uguali nella nostra autenticità e lo spettatore è implicitamente portato a domandarsi se ci sia speranza per i passanti della stazione esaminata dagli artisti.
Ciò che può lasciare perplessi è che dei viaggiatori si siano messi a raccontare gli affari propri nel bel mezzo di una stazione. E’ plausibile che un ubriaco abbia iniziato a parlare con un “lampadone” o che una coppia si sfoghi circa la perdita della patria podestà sulle proprie figlie, ma per quale motivo un omosessuale avrebbe dovuto raccontare il suo primo rapporto orale o il fatto che a letto gli piace essere chiamato Soraya, come la regina di Persia? E perché una donna dovrebbe confidare che a suo marito piace masturbarsi guardandola mentre fa l’amore con altri uomini? Simili confidenze sono un po’ troppo intime per essere rilasciate nel cuore di una stazione e, in generale, raramente una persona parlerebbe di argomenti privati con uno sconosciuto.
E’ tuttavia importante trattare simili tematiche a teatro per ricordare che siamo tutti esseri umani e che ciascuno di noi ha le proprie fragilità; questo spettacolo ci insegna a smettere di giudicare gli altri e ad apprezzare il mondo nella sua varietà, anche se alcuni personaggi possono farci un po’ paura.
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